Dalla seconda metà del XVI secolo l’Impero «turchesco» si avviò verso una lenta, ma irreversibile decadenza, le cui ragioni sono da ricercarsi in una pluralità di eventi e di circostanze. Anzitutto la debole successione sultanale: più che del carattere assoluto del loro potere, i sovrani seguiti a Solimano il Magnifico, Selim II e Murad III, si mostrarono preoccupati di soddisfare i propri capricci, un atteggiamento cui cedettero anche i loro successori. In politica estera, le vittorie, ma soprattutto le sconfitte belliche: la conquista di Cipro (1570-1), la presa di Tunisi (1574), l’occupazione della Georgia e dell’Azerbaijan (1590), adombrate dalle disfatte di Lepanto (7 ottobre 1571), in Moldavia e in Ungheria. I trattati che ne seguirono non modificarono significativamente le frontiere, se non quella orientale. Sul fronte interno, il sultano Ahmed I (1604-17), conosciuto come il costruttore della “moschea blu” d’Istanbul, dovette far fronte a delle rivolte, primo segno di una disgregazione sociale che si manifestò nettamente con l’assassinio da parte dei giannizzeri del giovane sultano riformatore Osman II (maggio 1622). Ma a dispetto dell’immaginario collettivo veicolato da una letteratura orientaleggiante, le fonti testimoniano che il declino ottomano derivò anzitutto dall’assoggettamento della governance all’harem. Da esso emersero donne decisive che influenzarono le scelte strategiche e seppero esercitare un concreto potere alla guida di uno Stato esteso su ben tre continenti. Negli anni che seguirono la morte di Osman II, il governo imperiale fu retto dalla sultana madre Kösem. Ai disordini che caratterizzarono gli anni seguenti, pose fine Murad IV, ma in seguito le sultane si disputarono nuovamente le redini del potere, l’amministrazione si disgregò, l’esercito si rivoltò e la situazione economica si aggravò irreparabilmente. L’Impero sfiorò il baratro quando, nel 1656, la comparsa del Gran Vizir Mehmet Köprülü sembrò invertire la rotta. Ma bastarono pochi decenni perché anche questo sogno svanisse.
Le sultane di Costantinopoli agli inizi del Seicento, ovvero agli albori della decadenza ottomana
Negruzzo Simona
2019-01-01
Abstract
Dalla seconda metà del XVI secolo l’Impero «turchesco» si avviò verso una lenta, ma irreversibile decadenza, le cui ragioni sono da ricercarsi in una pluralità di eventi e di circostanze. Anzitutto la debole successione sultanale: più che del carattere assoluto del loro potere, i sovrani seguiti a Solimano il Magnifico, Selim II e Murad III, si mostrarono preoccupati di soddisfare i propri capricci, un atteggiamento cui cedettero anche i loro successori. In politica estera, le vittorie, ma soprattutto le sconfitte belliche: la conquista di Cipro (1570-1), la presa di Tunisi (1574), l’occupazione della Georgia e dell’Azerbaijan (1590), adombrate dalle disfatte di Lepanto (7 ottobre 1571), in Moldavia e in Ungheria. I trattati che ne seguirono non modificarono significativamente le frontiere, se non quella orientale. Sul fronte interno, il sultano Ahmed I (1604-17), conosciuto come il costruttore della “moschea blu” d’Istanbul, dovette far fronte a delle rivolte, primo segno di una disgregazione sociale che si manifestò nettamente con l’assassinio da parte dei giannizzeri del giovane sultano riformatore Osman II (maggio 1622). Ma a dispetto dell’immaginario collettivo veicolato da una letteratura orientaleggiante, le fonti testimoniano che il declino ottomano derivò anzitutto dall’assoggettamento della governance all’harem. Da esso emersero donne decisive che influenzarono le scelte strategiche e seppero esercitare un concreto potere alla guida di uno Stato esteso su ben tre continenti. Negli anni che seguirono la morte di Osman II, il governo imperiale fu retto dalla sultana madre Kösem. Ai disordini che caratterizzarono gli anni seguenti, pose fine Murad IV, ma in seguito le sultane si disputarono nuovamente le redini del potere, l’amministrazione si disgregò, l’esercito si rivoltò e la situazione economica si aggravò irreparabilmente. L’Impero sfiorò il baratro quando, nel 1656, la comparsa del Gran Vizir Mehmet Köprülü sembrò invertire la rotta. Ma bastarono pochi decenni perché anche questo sogno svanisse.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.