Il bel volume illustrato, curato da Cesare De Seta, mira a far conoscere a un vasto pubblico la tradizione secolare degli studi universitari a Napoli, e lo fa con un titolo che lo stesso curatore confessa, nella premessa, essere ambizioso. Infatti, l’opera, quando sarà completata, vedrà l’impegno di centocinquanta studiosi per illustrare in sintesi lo sviluppo dei saperi nella città partenopea dalla fondazione dell’università federiciana (1224) fino al principio del terzo millennio, nell’articolazione delle varie facoltà e istituti scientifici in cui sono stati suddivisi nel tempo gli ambiti disciplinari. E a grandi pennellate, nella premessa, si schizza la storia dell’ateneo, che prende le mosse dall’orgogliosa rivendica del «primato dello studio napoletano come prima università laica e di Stato d’Europa» (p. 22) per sottrarre la formazione dei sudditi allo Studio “guelfo” di Bologna (ma Enrico II d’Inghilterra non aveva forse fatto lo stesso, nel 1167, proibendo ai suoi sudditi di andare a studiare a Parigi e obbligandoli ad addottorarsi a Oxford?).

La Rete dei Saperi nelle università napoletane da Federico II al Duemila, I: Istituti del sapere, a cura di Cesare De Seta, Napoli, Arte’m, 2018, 176 pp

negruzzo
2019-01-01

Abstract

Il bel volume illustrato, curato da Cesare De Seta, mira a far conoscere a un vasto pubblico la tradizione secolare degli studi universitari a Napoli, e lo fa con un titolo che lo stesso curatore confessa, nella premessa, essere ambizioso. Infatti, l’opera, quando sarà completata, vedrà l’impegno di centocinquanta studiosi per illustrare in sintesi lo sviluppo dei saperi nella città partenopea dalla fondazione dell’università federiciana (1224) fino al principio del terzo millennio, nell’articolazione delle varie facoltà e istituti scientifici in cui sono stati suddivisi nel tempo gli ambiti disciplinari. E a grandi pennellate, nella premessa, si schizza la storia dell’ateneo, che prende le mosse dall’orgogliosa rivendica del «primato dello studio napoletano come prima università laica e di Stato d’Europa» (p. 22) per sottrarre la formazione dei sudditi allo Studio “guelfo” di Bologna (ma Enrico II d’Inghilterra non aveva forse fatto lo stesso, nel 1167, proibendo ai suoi sudditi di andare a studiare a Parigi e obbligandoli ad addottorarsi a Oxford?).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/1502883
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