La prima parte dell’intervento nasce dal dialogo fra i due autori, diversi per età, percorso professionale, scelte di pianificazione familiare, prospettive di mobilità e si condensa nella narrazione esemplare di un idealtipico lavoratore della conoscenza. La narrazione riflette sulla necessità di pensare la propria condizione lavorativa ed esistenziale superando, al contempo, le singole prospettive individuali(stiche) e la tentazione di riconoscersi in una classe, quella dei precari, troppo eterea per essere reale. Si introducono qui i concetti di volontariato scettico e di involontariato professionale. Nella seconda parte, mantenendo il dialogo come metodo, si propone una breve riflessione sulla gabbia dorata del capitalismo contemporaneo, sviluppando l’idea di precariato come condizione (non come classe) e proponendo alcune possibili prospettive di emancipazione, che passano dal riconoscimento delle risorse presenti nelle molteplici soggettività esistenti. Nella parte conclusiva si insiste sull’urgenza sociale di ricostruire una grammatica delle relazioni partendo dalle potenzialità strutturanti del capitalismo, sottraendogli però finalità e risultati.
Lavoratori della conoscenza: resistenza e resa? Dialogo sulle pratiche e le teorie
P. Borghi
2015-01-01
Abstract
La prima parte dell’intervento nasce dal dialogo fra i due autori, diversi per età, percorso professionale, scelte di pianificazione familiare, prospettive di mobilità e si condensa nella narrazione esemplare di un idealtipico lavoratore della conoscenza. La narrazione riflette sulla necessità di pensare la propria condizione lavorativa ed esistenziale superando, al contempo, le singole prospettive individuali(stiche) e la tentazione di riconoscersi in una classe, quella dei precari, troppo eterea per essere reale. Si introducono qui i concetti di volontariato scettico e di involontariato professionale. Nella seconda parte, mantenendo il dialogo come metodo, si propone una breve riflessione sulla gabbia dorata del capitalismo contemporaneo, sviluppando l’idea di precariato come condizione (non come classe) e proponendo alcune possibili prospettive di emancipazione, che passano dal riconoscimento delle risorse presenti nelle molteplici soggettività esistenti. Nella parte conclusiva si insiste sull’urgenza sociale di ricostruire una grammatica delle relazioni partendo dalle potenzialità strutturanti del capitalismo, sottraendogli però finalità e risultati.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.