Il presente saggio prende in esame i cosiddetti ‘studi giornalieri’ di Vincenzo Bellini – fino a questo momento trascurati dalla letteratura musicologica – gettando nuova luce sulle prime fasi del processo creativo del compositore. Nella sezione introduttiva si offre una descrizione dettagliata dei testimoni superstiti, attualmente conservati presso il Museo civico belliniano (Catania), che consistono in 24 fogli sciolti su cui sono annotate idee musicali di diversa natura ed estensione. Grazie a un esame codicologico, affiancato dallo studio della corrispondenza di Bellini, se ne propone una datazione, ipotizzando che la pratica degli ‘studi giornalieri’ abbia avuto origine negli anni in cui il compositore era studente di Nicola Zingarelli presso il Conservatorio San Sebastiano di Napoli (1824-35) e che lo abbia accompagnato per tutta la sua carriera fino alla morte (1835). Il testo si concentra poi sui fogli che risalgono agli ultimi mesi parigini di Bellini (1834-35), esaminandone le caratteristiche più significative, che riportano a un metodo di lavoro – coerente e collaudato nel tempo – che non trova corrispettivi tra quelli dei suoi contemporanei operisti. Gli studi parigini restituiscono infatti una sorta di ‘flusso di coscienza musicale’ che prescinde da un legame funzionale con un lavoro specifico, raccogliendo materiali estremamente differenti tra loro per fisionomia e intento compositivo: schizzi preliminari di appena qualche battuta, temi più o meno estesi con o senza sostegno armonico, abbozzi di una sezione, motivi d’accompagnamento, esercizi di stile, ecc.. Emerge inoltre che l’ideazione melodica non fosse ispirata da un testo poetico prestabilito. La sezione conclusiva – e più ampia – del saggio analizza quegli studi che Bellini avrebbe sviluppato nei Puritani (Parigi, Théâtre-Italien, 1835), tracciando la loro metamorfosi verso la loro forma definitiva. Attraverso un’analisi comparativa sistematica con le sezioni della partitura dell’opera in cui essi confluirono, si desume che gran parte degli studi utilizzati erano articolati secondo strutture convenzionali provvisorie (per lo più piccole forme binarie e ternarie), la cui fisionomia sarebbe stata ridefinita – e «sviluppata in grande» – una volta associata a una situazione drammatica specifica. Sebbene si possa sostenere che gli studi preesistessero alla stesura del libretto dell’opera, è inoltre evidente che – una volta individuato il contesto drammatico definitivo – Bellini intervenisse anche sul profilo melodico così come inizialmente delineato, con l’intento di adattarlo ai versi corrispettivi. In conclusione, l’analisi degli ‘studi giornalieri’ presentata in questo saggio ridefinisce le linee del processo creativo di Bellini, evidenziando un metodo di lavoro radicalmente diverso da quello dei suoi contemporanei, i cui materiali preparatori superstiti sono sempre legati a un lavoro specifico. Il testo impone inoltre una revisione del rapporto tra testo verbale e creazione musicale del compositore così come tradizionalmente immaginato e dibattuto, restituendoci la figura non solo di un puro melodista, ma di un uomo di teatro a tutto tondo.
Gli ‘studi giornalieri’ di Bellini «sviluppati con effetto» nei "Puritani"
Candida Billie Mantica
2020-01-01
Abstract
Il presente saggio prende in esame i cosiddetti ‘studi giornalieri’ di Vincenzo Bellini – fino a questo momento trascurati dalla letteratura musicologica – gettando nuova luce sulle prime fasi del processo creativo del compositore. Nella sezione introduttiva si offre una descrizione dettagliata dei testimoni superstiti, attualmente conservati presso il Museo civico belliniano (Catania), che consistono in 24 fogli sciolti su cui sono annotate idee musicali di diversa natura ed estensione. Grazie a un esame codicologico, affiancato dallo studio della corrispondenza di Bellini, se ne propone una datazione, ipotizzando che la pratica degli ‘studi giornalieri’ abbia avuto origine negli anni in cui il compositore era studente di Nicola Zingarelli presso il Conservatorio San Sebastiano di Napoli (1824-35) e che lo abbia accompagnato per tutta la sua carriera fino alla morte (1835). Il testo si concentra poi sui fogli che risalgono agli ultimi mesi parigini di Bellini (1834-35), esaminandone le caratteristiche più significative, che riportano a un metodo di lavoro – coerente e collaudato nel tempo – che non trova corrispettivi tra quelli dei suoi contemporanei operisti. Gli studi parigini restituiscono infatti una sorta di ‘flusso di coscienza musicale’ che prescinde da un legame funzionale con un lavoro specifico, raccogliendo materiali estremamente differenti tra loro per fisionomia e intento compositivo: schizzi preliminari di appena qualche battuta, temi più o meno estesi con o senza sostegno armonico, abbozzi di una sezione, motivi d’accompagnamento, esercizi di stile, ecc.. Emerge inoltre che l’ideazione melodica non fosse ispirata da un testo poetico prestabilito. La sezione conclusiva – e più ampia – del saggio analizza quegli studi che Bellini avrebbe sviluppato nei Puritani (Parigi, Théâtre-Italien, 1835), tracciando la loro metamorfosi verso la loro forma definitiva. Attraverso un’analisi comparativa sistematica con le sezioni della partitura dell’opera in cui essi confluirono, si desume che gran parte degli studi utilizzati erano articolati secondo strutture convenzionali provvisorie (per lo più piccole forme binarie e ternarie), la cui fisionomia sarebbe stata ridefinita – e «sviluppata in grande» – una volta associata a una situazione drammatica specifica. Sebbene si possa sostenere che gli studi preesistessero alla stesura del libretto dell’opera, è inoltre evidente che – una volta individuato il contesto drammatico definitivo – Bellini intervenisse anche sul profilo melodico così come inizialmente delineato, con l’intento di adattarlo ai versi corrispettivi. In conclusione, l’analisi degli ‘studi giornalieri’ presentata in questo saggio ridefinisce le linee del processo creativo di Bellini, evidenziando un metodo di lavoro radicalmente diverso da quello dei suoi contemporanei, i cui materiali preparatori superstiti sono sempre legati a un lavoro specifico. Il testo impone inoltre una revisione del rapporto tra testo verbale e creazione musicale del compositore così come tradizionalmente immaginato e dibattuto, restituendoci la figura non solo di un puro melodista, ma di un uomo di teatro a tutto tondo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.