Un numero consistente di imprese dichiara di aver ottenuto attraverso VBM un aumento rilevante del valore creato per gli azionisti contribuendo così alla diffusione di questa tecnica. I successi sono venuti verso la fine degli anni ’90, in concomitanza con mercati azionari in crescita e con economie nazionali che assorbivano senza scosse profonde le ristrutturazioni dettate da regole drastiche, come l’abbandono di imprese o progetti che non creavano valore per gli azionisti (Pellicelli, 2003). Nel decennio compreso tra l’88 e il ‘98, la Coca Cola ha più che duplicato il proprio valore di mercato seguendo quest’impostazione. Proprio su “A Guide to Implementing Value-based Management”, 1997, si legge cosa si intende per VBM. “A way of thinking. VBM is a set of principles that allows us to manage value at all levels of our business. Value creation becomes not just our Company’s mission. It becomes the philosophy we work with daily. It becomes the framework for everything we do. A process for planning and execution. VBM is a method of developing strategies and evaluating decisions by using value-creation principles. The method works on broad business strategies and on each associate’s daily work processes. A set of tools. VBM is a set of tools for understanding what creates value – and what destroys it.” (tratto da Morin, Jarrel, 2001: p. 32). Accolto il principio che il management deve essere orientato alla produzione di shareholder value, molto è stato scritto sui vantaggi e sulle politiche applicative di questo approccio ma non vi sono interpretazioni convincenti sulla generale necessità per le organizzazioni produttive, giunte ad una certa dimensione e ad una certa età economica, di adottare questa tecnica di gestione. Penso che lo schema più semplice e nello stesso tempo più convincente per giustificarne l’adozione sia ancora rappresentato dal modello Greiner. Prima di argomentare sulla base di questo modello ritengo utile partire da altre forme di spiegazione: la prima, fondata su cause esogene di crescita economica; la seconda, che si basa sul concetto di separazione tra proprietà e controllo; la terza che trae spunto dalla nozione di “grande salto” indicata da Flamholtz. Su queste basi concludo con la logica derivante dal modello Greiner, confrontandola, in un paragrafo finale, con le tesi di Churchill. Infine, ritengo utile spiegare la logica operativa del value based management nelle imprese con il modello di impresa quale sistema cognitivo di trasformazione efficiente proposto da Mella.
Dall'impresa padronale al Value Based Management. Quattro modelli interpretativi di un'inevitabile evoluzione
PELLICELLI, MICHELA
2006-01-01
Abstract
Un numero consistente di imprese dichiara di aver ottenuto attraverso VBM un aumento rilevante del valore creato per gli azionisti contribuendo così alla diffusione di questa tecnica. I successi sono venuti verso la fine degli anni ’90, in concomitanza con mercati azionari in crescita e con economie nazionali che assorbivano senza scosse profonde le ristrutturazioni dettate da regole drastiche, come l’abbandono di imprese o progetti che non creavano valore per gli azionisti (Pellicelli, 2003). Nel decennio compreso tra l’88 e il ‘98, la Coca Cola ha più che duplicato il proprio valore di mercato seguendo quest’impostazione. Proprio su “A Guide to Implementing Value-based Management”, 1997, si legge cosa si intende per VBM. “A way of thinking. VBM is a set of principles that allows us to manage value at all levels of our business. Value creation becomes not just our Company’s mission. It becomes the philosophy we work with daily. It becomes the framework for everything we do. A process for planning and execution. VBM is a method of developing strategies and evaluating decisions by using value-creation principles. The method works on broad business strategies and on each associate’s daily work processes. A set of tools. VBM is a set of tools for understanding what creates value – and what destroys it.” (tratto da Morin, Jarrel, 2001: p. 32). Accolto il principio che il management deve essere orientato alla produzione di shareholder value, molto è stato scritto sui vantaggi e sulle politiche applicative di questo approccio ma non vi sono interpretazioni convincenti sulla generale necessità per le organizzazioni produttive, giunte ad una certa dimensione e ad una certa età economica, di adottare questa tecnica di gestione. Penso che lo schema più semplice e nello stesso tempo più convincente per giustificarne l’adozione sia ancora rappresentato dal modello Greiner. Prima di argomentare sulla base di questo modello ritengo utile partire da altre forme di spiegazione: la prima, fondata su cause esogene di crescita economica; la seconda, che si basa sul concetto di separazione tra proprietà e controllo; la terza che trae spunto dalla nozione di “grande salto” indicata da Flamholtz. Su queste basi concludo con la logica derivante dal modello Greiner, confrontandola, in un paragrafo finale, con le tesi di Churchill. Infine, ritengo utile spiegare la logica operativa del value based management nelle imprese con il modello di impresa quale sistema cognitivo di trasformazione efficiente proposto da Mella.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.