Al principio del 1794 Luigi Lanzi si reca a Torino per visitare le raccolte che ancora gli mancavano: il Museo di Antichità e le principali collezioni private di antichità, quella dell’abate Carlo Antonio Pullini e quella del commendator Modesto Genevosio. Le annotazioni scritte in quella occasione sono state inserite in appendice al diario di viaggio nel Veneto e, per questo motivo, sono solitamente sfuggite agli studi sul Piemonte. Nel descrivere gli oggetti esposti in Museo, che tra i viaggiatori settecenteschi è spesso il primo a segnalare, il Lanzi dimostra una particolare (e inusuale) attenzione per i reperti di scavo locale o, comunque, per quel materiale che non trovava all’epoca altri confronti altrove, come nel caso del vasellame in argento di II-III secolo d.C., proveniente dalla Gallia romana, che il Lanzi ritiene «il genere più singolare di questo Museo dopo la tavola [e cioè la celebre Mensa Isiaca]». La sua dettagliata descrizione della collezione Pullini permette di recuperare la presenta di un rilievo votivo in marmo, di ambito danubiano, mai citato prima, mentre quella della dattilioteca del Genevosio rimane a tutt’oggi la fonte più preziosa per la ricostruzione di questa raccolta. Il testo del Pullini, edito nel 1788 da Donata Levi, è corredato in questo contributo delle relative note archeologiche.
Le raccolte archeologiche torinesi nel diario di Luigi Lanzi (1794): il Museo di Antichità, le collezioni dell'abate Carlo Antonio Pullini e del commendator Modesto Genevosio
Anna Maria Riccomini
2023-01-01
Abstract
Al principio del 1794 Luigi Lanzi si reca a Torino per visitare le raccolte che ancora gli mancavano: il Museo di Antichità e le principali collezioni private di antichità, quella dell’abate Carlo Antonio Pullini e quella del commendator Modesto Genevosio. Le annotazioni scritte in quella occasione sono state inserite in appendice al diario di viaggio nel Veneto e, per questo motivo, sono solitamente sfuggite agli studi sul Piemonte. Nel descrivere gli oggetti esposti in Museo, che tra i viaggiatori settecenteschi è spesso il primo a segnalare, il Lanzi dimostra una particolare (e inusuale) attenzione per i reperti di scavo locale o, comunque, per quel materiale che non trovava all’epoca altri confronti altrove, come nel caso del vasellame in argento di II-III secolo d.C., proveniente dalla Gallia romana, che il Lanzi ritiene «il genere più singolare di questo Museo dopo la tavola [e cioè la celebre Mensa Isiaca]». La sua dettagliata descrizione della collezione Pullini permette di recuperare la presenta di un rilievo votivo in marmo, di ambito danubiano, mai citato prima, mentre quella della dattilioteca del Genevosio rimane a tutt’oggi la fonte più preziosa per la ricostruzione di questa raccolta. Il testo del Pullini, edito nel 1788 da Donata Levi, è corredato in questo contributo delle relative note archeologiche.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


