Nell’opinione di chi scrive i modelli organizzativi ex D.Lgs 231/2001 non hanno ancora trovato in letteratura e nella prassi aziendale un’adeguata trattazione. Da qui l’esigenza di un progetto di ricerca che, partendo dall’applicazione del modello organizzativo ex D.Lgs 231/2001 e dalla declinazione dei principi guida emanati da Confindustria, valuti lo stato di applicazione della compliance ex 231 nelle imprese italiane. La ricerca ha coinvolto 146 società quotate alla Borsa di Milano, e le evidenze empiriche confermano una sostanziale inadeguatezza dei modelli organizzativi adottati nel rispondere alle esigenze di compliance richieste dal legislatore, e tese più alla prevenzione dei reati che alla somministrazione di sanzioni pecuniarie ed interdittive. L’analisi dei provvedimenti emessi dai più importanti tribunali italiani completa il disegno di ricerca, confermando un’applicazione del decreto – anche dal punto di vista della magistratura – piuttosto “prudenziale e graduale”, quasi a conferma dello stato di immaturità che la società italiana paga nei confronti dei reati amministrativi-penali relativi alle persone giuridiche. Rimangono ancora molti punti aperti, sui quali non esiste trattazione ne prassi aziendale. Vale la pena di citare qui solo alcuni esempi emblematici, segnalateci dagli amministratori intervistati durante la ricerca. Che composizione deve avere l’organismo di vigilanza? Come si coordina l’organismo di vigilanza e il collegio sindacale? Come progettare adeguati meccanismi informativi, decisionali e di reportistica per l’organismo di vigilanza? Come condurre la gap analysis e dunque quali standard di controllo applicare alle attività cosiddette “sensibili”, rientranti nelle classi di reati contro la pubblica amministrazione, reati societari, market abuse e finanziamenti ad attività terroristiche? Quali procedure occorrono per l’idoneità del sistema organizzativo alla prevenzione dei reati ex D.Lgs 231? Come progettare l’assetto organizzativo aziendale per la compliance? Come progettare la procedura di bilancio d’azienda e di bilancio consolidato? Come progettare meccanismi che consentano al dipendente di denunciare delle violazioni al modello organizzativo e/o al codice etico? Quale sistema sanzionatorio applicare al dipendente in caso di commissione di reato? Da qui il tentativo di approfondire i fabbisogni organizzativi derivanti dall’adeguamento alla 231, facendo ricordo alla teoria organizzativa, con particolare riferimento alla teoria contingency. Lungi dall’essere un tentativo esaustivo, quest’ultimo costituisce a nostro avviso un utile contributo – ancorché parziale – per sviluppare concretamente il progetto di compliance organizzativa, uscire dalla retorica ed entrare nella realtà aziendale, dare sostanza alla forma e forma alla sostanza.

Modelli organizzativi e compliance aziendale. L’applicazione del D.Lgs 231/2001 nelle imprese italiane

PREVITALI, PIETRO
2009-01-01

Abstract

Nell’opinione di chi scrive i modelli organizzativi ex D.Lgs 231/2001 non hanno ancora trovato in letteratura e nella prassi aziendale un’adeguata trattazione. Da qui l’esigenza di un progetto di ricerca che, partendo dall’applicazione del modello organizzativo ex D.Lgs 231/2001 e dalla declinazione dei principi guida emanati da Confindustria, valuti lo stato di applicazione della compliance ex 231 nelle imprese italiane. La ricerca ha coinvolto 146 società quotate alla Borsa di Milano, e le evidenze empiriche confermano una sostanziale inadeguatezza dei modelli organizzativi adottati nel rispondere alle esigenze di compliance richieste dal legislatore, e tese più alla prevenzione dei reati che alla somministrazione di sanzioni pecuniarie ed interdittive. L’analisi dei provvedimenti emessi dai più importanti tribunali italiani completa il disegno di ricerca, confermando un’applicazione del decreto – anche dal punto di vista della magistratura – piuttosto “prudenziale e graduale”, quasi a conferma dello stato di immaturità che la società italiana paga nei confronti dei reati amministrativi-penali relativi alle persone giuridiche. Rimangono ancora molti punti aperti, sui quali non esiste trattazione ne prassi aziendale. Vale la pena di citare qui solo alcuni esempi emblematici, segnalateci dagli amministratori intervistati durante la ricerca. Che composizione deve avere l’organismo di vigilanza? Come si coordina l’organismo di vigilanza e il collegio sindacale? Come progettare adeguati meccanismi informativi, decisionali e di reportistica per l’organismo di vigilanza? Come condurre la gap analysis e dunque quali standard di controllo applicare alle attività cosiddette “sensibili”, rientranti nelle classi di reati contro la pubblica amministrazione, reati societari, market abuse e finanziamenti ad attività terroristiche? Quali procedure occorrono per l’idoneità del sistema organizzativo alla prevenzione dei reati ex D.Lgs 231? Come progettare l’assetto organizzativo aziendale per la compliance? Come progettare la procedura di bilancio d’azienda e di bilancio consolidato? Come progettare meccanismi che consentano al dipendente di denunciare delle violazioni al modello organizzativo e/o al codice etico? Quale sistema sanzionatorio applicare al dipendente in caso di commissione di reato? Da qui il tentativo di approfondire i fabbisogni organizzativi derivanti dall’adeguamento alla 231, facendo ricordo alla teoria organizzativa, con particolare riferimento alla teoria contingency. Lungi dall’essere un tentativo esaustivo, quest’ultimo costituisce a nostro avviso un utile contributo – ancorché parziale – per sviluppare concretamente il progetto di compliance organizzativa, uscire dalla retorica ed entrare nella realtà aziendale, dare sostanza alla forma e forma alla sostanza.
2009
9788814146022
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/201637
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