Il saggio è dedicato ai contenuti dell’accusa per magia mossa contro Apuleio di Madaura nel 158/159 d.C., approfondendo sia i fondamenti normativi del processo sia la costruzione retorica del discorso che lo documenta. Usando l'autodifesa del retore come specchio, l'autore offre una palingenesi delle linee portanti della requisitoria pronunciata dal patrono che assisteva il delator, da un lato evidenziando il filo logico dell’impianto accusatorio, dall’altro individuando i termini precisi dell’imputazione che attraverso l’orazione si cercava di provare. Da questo secondo punto di vista, correggendo due orientamenti storiografici piuttosto diffusi, lo studio dimostra che i fatti formalmente contestati ad Apuleio non erano uno soltanto (ossia d’aver stregato la moglie Pudentilla) né coincidevano con l’intera serie delle circostanze oggetto delle varie refutationes esposte nell’Apologia; formalmente contestati erano tre incantesimi, tutti riconducibili alla fattispecie descritta in PS. 5.29.15 (Liebs). Questo collegamento – con una fonte in cui è ripreso con ogni probabilità un senatoconsulto d’età imperiale – consente di respingere in appendice la tesi recente che attribuisce alla libertà di forme della cognitio extra ordinem, anziché a precisi interventi normativi, il fatto che il crimen magiae si sia esteso nel tempo a ricomprendere incantesimi perpetrati con finalità diverse dal necare.
L'accusa contro Apuleio: linee retoriche e giuridiche
PELLECCHI, LUIGI
2010-01-01
Abstract
Il saggio è dedicato ai contenuti dell’accusa per magia mossa contro Apuleio di Madaura nel 158/159 d.C., approfondendo sia i fondamenti normativi del processo sia la costruzione retorica del discorso che lo documenta. Usando l'autodifesa del retore come specchio, l'autore offre una palingenesi delle linee portanti della requisitoria pronunciata dal patrono che assisteva il delator, da un lato evidenziando il filo logico dell’impianto accusatorio, dall’altro individuando i termini precisi dell’imputazione che attraverso l’orazione si cercava di provare. Da questo secondo punto di vista, correggendo due orientamenti storiografici piuttosto diffusi, lo studio dimostra che i fatti formalmente contestati ad Apuleio non erano uno soltanto (ossia d’aver stregato la moglie Pudentilla) né coincidevano con l’intera serie delle circostanze oggetto delle varie refutationes esposte nell’Apologia; formalmente contestati erano tre incantesimi, tutti riconducibili alla fattispecie descritta in PS. 5.29.15 (Liebs). Questo collegamento – con una fonte in cui è ripreso con ogni probabilità un senatoconsulto d’età imperiale – consente di respingere in appendice la tesi recente che attribuisce alla libertà di forme della cognitio extra ordinem, anziché a precisi interventi normativi, il fatto che il crimen magiae si sia esteso nel tempo a ricomprendere incantesimi perpetrati con finalità diverse dal necare.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.