Nell’ambito dei Discorsi sull’indole del piacere e del dolore, sulla felicità e sulla economia politica (1781), il Discorso sulla felicità occupa la posizione centrale, consentendo così a Verri di guidare gradualmente il lettore dall’analisi del piacere e del dolore, e dall’affermazione della determinante preminenza di questo nella vita umana, all’individuazione dei modi in cui, diminuendo la somma dei dolori, ci è consentito di vivere un’esistenza il meno infelice possibile, alla traduzione pratica, infine, di tali principii entro la dimensione politica ed economica che può consentire la felicità collettiva. Il Discorso sulla felicità riscrive ed amplia le giovanili Meditazioni sulla felicità (1763), breviario di morale utilitaristica dettato da Verri per sé e per i suoi sodali che di lì a poco daranno corpo all’esperienza de «Il Caffè», nonché cornice etica all’impegno politico riformista del gruppo milanese. Il risultato della ristesura del 1781 è un’opera marcatamente diversa nelle tesi di fondo e nel tono stesso dell’esposizione, riflesso del periodo di profondo turbamento rappresentato dall’ultimo quarto del secolo XVIII, e della percezione, comune a Verri come a tanti illuministi, della permanenza del male e dell’ingiustizia nel mondo declinante dell’antico regime. L’ampia Nota introduttiva dà conto della genesi del testo e delle sue differenze concettuali rispetto alle Meditazioni sulla felicità. Le note di commento che accompagnano il testo critico individuano i collegamenti con altre opere di Verri e i maggiori debiti con le sue fonti di ispirazione.

P. Verri, Discorso sulla felicità, in: I "Discorsi" e altri scritti degli anni Sessanta, a cura di G. Panizza, con la collaborazione di S. Contarini, G. Francioni, S. Rosini.

FRANCIONI, GIOVANNI
2004-01-01

Abstract

Nell’ambito dei Discorsi sull’indole del piacere e del dolore, sulla felicità e sulla economia politica (1781), il Discorso sulla felicità occupa la posizione centrale, consentendo così a Verri di guidare gradualmente il lettore dall’analisi del piacere e del dolore, e dall’affermazione della determinante preminenza di questo nella vita umana, all’individuazione dei modi in cui, diminuendo la somma dei dolori, ci è consentito di vivere un’esistenza il meno infelice possibile, alla traduzione pratica, infine, di tali principii entro la dimensione politica ed economica che può consentire la felicità collettiva. Il Discorso sulla felicità riscrive ed amplia le giovanili Meditazioni sulla felicità (1763), breviario di morale utilitaristica dettato da Verri per sé e per i suoi sodali che di lì a poco daranno corpo all’esperienza de «Il Caffè», nonché cornice etica all’impegno politico riformista del gruppo milanese. Il risultato della ristesura del 1781 è un’opera marcatamente diversa nelle tesi di fondo e nel tono stesso dell’esposizione, riflesso del periodo di profondo turbamento rappresentato dall’ultimo quarto del secolo XVIII, e della percezione, comune a Verri come a tanti illuministi, della permanenza del male e dell’ingiustizia nel mondo declinante dell’antico regime. L’ampia Nota introduttiva dà conto della genesi del testo e delle sue differenze concettuali rispetto alle Meditazioni sulla felicità. Le note di commento che accompagnano il testo critico individuano i collegamenti con altre opere di Verri e i maggiori debiti con le sue fonti di ispirazione.
2004
Edizione Nazionale delle opere di Pietro Verri
9788884982193
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