Nella cultura medievale la conversazione trova la sua legittimità all’interno dell’ampio spazio dell’edificazione accanto ad altri atti di locuzione come l’insegnamento, la predicazione, il consiglio, l’esortazione, l’ammonizione, la preghiera. Come quegli atti anche la conversazione deve essere una parola costruttiva volta alla realizzazione di quel progetto di salvezza in cui l’intera umanità è impegnata dopo la caduta; ma a differenza di quegli atti, la conversazione non è una parola riservata a specifiche figure che agiscono in tempi, luoghi e modi istituzionalmente definiti; conversare è di tutti, uomini e donne, laici e religiosi, giovani e vecchi che si incontrano, e parlano, in luoghi e in occasioni diverse, a casa davanti al camino, in ospedale in occasione di una malattia, in viaggio, a tavola. Anche i contenuti della conversazione non sono definiti come quelli delle altre parole, sospesi come sono tra istruzione e ricreazione e dunque pericolosamente inclini a superare i confini della parola utile per varcare quelli della parola vana. Tuttavia, all’interno dello spazio dell’edificazione la conversazione trova le sue regole, organizzate all’interno dello vecchio schema delle circostanze retoriche (chi, cosa, quando, dove, a chi) e, soprattutto, la sua virtù: l’affabilità, una ‘piccola’ ma preziosa virtù, che percorre la tradizione prima patristica e poi monastica per occupare un posto importante nel sistema delle virtù di Tommaso d’Aquino .

Dalla aedificatio all'affabilitas. Le virtù della conversazione nella cultura medievale

CASAGRANDE, CARLA;VECCHIO, SILVANA
2012-01-01

Abstract

Nella cultura medievale la conversazione trova la sua legittimità all’interno dell’ampio spazio dell’edificazione accanto ad altri atti di locuzione come l’insegnamento, la predicazione, il consiglio, l’esortazione, l’ammonizione, la preghiera. Come quegli atti anche la conversazione deve essere una parola costruttiva volta alla realizzazione di quel progetto di salvezza in cui l’intera umanità è impegnata dopo la caduta; ma a differenza di quegli atti, la conversazione non è una parola riservata a specifiche figure che agiscono in tempi, luoghi e modi istituzionalmente definiti; conversare è di tutti, uomini e donne, laici e religiosi, giovani e vecchi che si incontrano, e parlano, in luoghi e in occasioni diverse, a casa davanti al camino, in ospedale in occasione di una malattia, in viaggio, a tavola. Anche i contenuti della conversazione non sono definiti come quelli delle altre parole, sospesi come sono tra istruzione e ricreazione e dunque pericolosamente inclini a superare i confini della parola utile per varcare quelli della parola vana. Tuttavia, all’interno dello spazio dell’edificazione la conversazione trova le sue regole, organizzate all’interno dello vecchio schema delle circostanze retoriche (chi, cosa, quando, dove, a chi) e, soprattutto, la sua virtù: l’affabilità, una ‘piccola’ ma preziosa virtù, che percorre la tradizione prima patristica e poi monastica per occupare un posto importante nel sistema delle virtù di Tommaso d’Aquino .
2012
9788871157634
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/360144
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