Lo studio muove dalla constatazione – compiuta sulla scorta di alcuni dati statistici relativi sia all’effettiva diffusione dei modelli alternativi di amministrazione e controllo, sia alla dimensione (per capitale e per compagine) delle società che li hanno in concreto adottati – che detti modelli alternativi non sono esclusivi delle società di grandi dimensioni, ma (eccezion fatta per le cooperative) rappresentano codici organizzativi prevalentemente utilizzati in società che, pur essendo chiuse verso l’esterno (e dunque non aperte al mercato dei capitali), presentano una dimensione patrimoniale discreta e una base azionaria articolata. L’indagine mira dunque a indagare quali siano le condizioni (e, segnatamente, le opzioni di natura statutaria) al darsi delle quali il sistema dualistico di amministrazione e controllo (in sé e per sé idoneo ad accentuare e amplificare la dissociazione tra proprietà e controllo) può comunque risultare adeguato quale struttura organizzativa di una società chiusa contraddistinta dalla presenza di una minoranza azionaria qualificata e attiva. Vengono così esaminate le soluzioni che, nell’esercizio dell’autonomia statutaria, andrebbero adottate – in materia di competenze e di funzionamento dell’organo assembleare, del consiglio di sorveglianza e del consiglio di gestione – per realizzare in concreto un modello dualistico di amministrazione e controllo capace di coniugare in modo equilibrato le proprie specificità (e così, in particolare, l’interposizione di un diaframma organizzativo tra base sociale e gestione dell’impresa) con una più forte garanzia e un più intenso soddisfacimento delle istanze di partecipazione alla gestione, e di supervisione su quest’ultima, propria dei soci di minoranza. L’analisi degli statuti delle società che effettivamente hanno adottato il modello dualistico, peraltro, mostra una netta resistenza rispetto all’attivazione delle descritte opzioni statutarie.

"Condizioni d'uso" del sistema dualistico

BENAZZO, PAOLO
2009-01-01

Abstract

Lo studio muove dalla constatazione – compiuta sulla scorta di alcuni dati statistici relativi sia all’effettiva diffusione dei modelli alternativi di amministrazione e controllo, sia alla dimensione (per capitale e per compagine) delle società che li hanno in concreto adottati – che detti modelli alternativi non sono esclusivi delle società di grandi dimensioni, ma (eccezion fatta per le cooperative) rappresentano codici organizzativi prevalentemente utilizzati in società che, pur essendo chiuse verso l’esterno (e dunque non aperte al mercato dei capitali), presentano una dimensione patrimoniale discreta e una base azionaria articolata. L’indagine mira dunque a indagare quali siano le condizioni (e, segnatamente, le opzioni di natura statutaria) al darsi delle quali il sistema dualistico di amministrazione e controllo (in sé e per sé idoneo ad accentuare e amplificare la dissociazione tra proprietà e controllo) può comunque risultare adeguato quale struttura organizzativa di una società chiusa contraddistinta dalla presenza di una minoranza azionaria qualificata e attiva. Vengono così esaminate le soluzioni che, nell’esercizio dell’autonomia statutaria, andrebbero adottate – in materia di competenze e di funzionamento dell’organo assembleare, del consiglio di sorveglianza e del consiglio di gestione – per realizzare in concreto un modello dualistico di amministrazione e controllo capace di coniugare in modo equilibrato le proprie specificità (e così, in particolare, l’interposizione di un diaframma organizzativo tra base sociale e gestione dell’impresa) con una più forte garanzia e un più intenso soddisfacimento delle istanze di partecipazione alla gestione, e di supervisione su quest’ultima, propria dei soci di minoranza. L’analisi degli statuti delle società che effettivamente hanno adottato il modello dualistico, peraltro, mostra una netta resistenza rispetto all’attivazione delle descritte opzioni statutarie.
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