Il trattamento contabile delle partecipazioni attiene si lega al possesso in forma più o meno qualificata di azioni o quote rappresentative del capitale sociale di un’impresa costituita in forma societaria. Le azioni, in particolare, sono caratterizzate dal regime della circolazione; di conseguenza, il loro trasferimento determina il cambiamento della composizione del soggetto giuridico dell’impresa, con effetti analoghi, in caso di compravendita di pacchetti di azioni di maggioranza assoluta o relativa rilevante, a quelli derivanti dalla compravendita dell’azienda ad esso afferente. Tanto le azioni quanto le quote non azionarie sono caratterizzate da remunerazione variabile ed eventuale in relazione ai risultati economici dell’azienda ed alla quota di capitale della stessa posseduta, in considerazione dell’esposizione della gestione della partecipata al rischio operativo aziendale. Del che si suole indicare che trattasi di investimenti nel “capitale di pieno rischio” dell’impresa . Un’impresa può acquisire diritti di partecipazione al capitale sociale di una società per i più svariati motivi. A titolo esemplificativo se ne citano di seguito alcuni : a) per temporaneo investimento di liquidità nella speranza di una remunerazione diretta per effetto della differenza positiva fra ricavo da disinvestimento e costo di acquisto; b) per duraturo investimento patrimoniale nell’attesa di dividendi ed eventualmente dei guadagni in conto capitale sub-a); c) per conseguire vantaggi economici indiretti che possono portare ad un incremento della economicità della partecipante d) per poter esercitare un controllo più o meno rilevante sull’attività dell’impresa partecipata secondo politiche strategiche ed operative che prescindono dalla considerazione degli obiettivi dei singoli soggetti giuridici e rispondono alle logiche proprie di un soggetto economico sovraordinato, rappresentato dal gruppo aziendale; e) per motivi diversi, per lo più legati a fenomeni di mercato. Nei casi diversi da quelli indicati sub-c) e sub-d), pur con evidenti differenze legate all’orizzonte temporale dell’investimento, l’acquisto delle azioni/quote configura operazioni proprie all’area patrimoniale o accessoria della gestione, finalizzate a trovare un conveniente investimento di liquidità eccedenti sprigionate dall’assetto delle combinazioni produttive aziendali. I casi sub-c) e sub-d) invece determinano investimenti legati più squisitamente all’area caratteristica della gestione dell’impresa partecipante, poiché si determinano legami di carattere gestionale fra la partecipante e la partecipata che si traducono o in migliori risultati dell’una o dell’altra o in una vera e propria codeterminazione del risultato secondo logiche di gruppo . Alla luce di queste considerazioni sembra opportuno introdurre dei criteri di classificazione delle differenti tipologie di partecipazione al capitale di altre imprese, tese a suddividere il campo di analisi in considerazione delle uniformità di comportamento che si possono osservare. Esse si riveleranno particolarmente utili ad un’analisi sistematica dell’argomento e saranno funzionali a comprendere la ratio delle scelte operate dal legislatore civilistico in tema di disciplina del trattamento contabile di tali poste nel bilancio di esercizio delle imprese. Una prima distinzione, introdotta dalla prevalente dottrina economico-aziendale italiana, è di carattere quali-quantitativo ed esprime, almeno nella generalità dei casi, il differente finalismo che caratterizza il possesso delle azioni/quote. Si parla, infatti, di “partecipazioni” quando il detentore ha uno specifico interesse duraturo di ordine strategico nei riguardi dell’impresa partecipata, cioè un legame che produce benefici in capo all’azienda stessa. Perche ciò possa avvenire la partecipazione deve essere quantitativamente rilevante rispetto al resto del capitale sociale, in quanto, come si vedrà meglio nel seguito, maggiore è l’incidenza percentuale sul capitale, maggiore è il potere di influenza gestionale che il vincolo partecipativo garantisce. Al contrario si parla genericamente di titoli azionari quando il quantitativo detenuto non può configurare un benché minimo potere di condizionamento, non è fonte di vantaggi indiretti, ma costituisce un investimento temporaneo di eccedenze monetarie. In questa ottica la partecipazione non è semplicemente un aggregato significativo di titoli, ma rappresenta in sé un oggetto unitario, una unità economico-patrimoniale distinta, un “bene economico di secondo livello” come spesso si è soliti indicarle, che si crea in tanto ed in quanto si instaurano i legami durevoli garantiti dal vincolo partecipativo per effetto della generazione di potenzialità operative non attribuibili alle singole azioni in quanto tali. Una seconda, e forse ancora più importante classificazione, attiene specificamente all’intento con cui si detengono le partecipazioni e gli altri titoli. Ponendosi in una logica di classificazione finanziaria dello stato patrimoniale (o che, comunque, separi la maggior parte delle poste “a breve” dalla maggioranza di quelle “a medio-lungo termine”), esse andranno inserite fra le attività immobilizzate o fra quelle correnti a seconda delle prospettive di mantenimento delle stesse nel tempo. In altre parole, la classificazione di bilancio di tali poste dipende non tanto dalla loro natura, quanto dalla destinazione economica loro impressa all’interno dei piani e programmi gestionali della impresa che le detiene. Pertanto, una partecipazione precedentemente immobilizzata per le motivazioni di carattere strategico-gestionale sopra indicate, può, (o, meglio, deve), essere classificata fra le attività correnti proprio perché sono cambiate le prospettive del suo contributo alla produzione economica dell’impresa partecipante, con il passaggio dalla codeterminazione del risultato della partecipante per effetto delle sinergie gestionali configurabili precedentemente al mutamento della sua destinazione, alla mera considerazione del contributo diretto al risultato economico derivante dal valore di cessione della medesima entro i 12 mesi successivi alla data di riferimento del bilancio, calmierata peraltro dal ricorso al principio di prudenza. Tutti questi aspetti sono tenuti in considerazione nell'analisi delle norme civilistiche di bilancio dell'area delle partecipazioni immobilizzate e come elemento da considerare al fine di applicare corretamente il disposto dei principi contabili nazionali ed internazionali.

Le immobilizzazioni finanziarie

SANTUCCI, STEFANO
2011-01-01

Abstract

Il trattamento contabile delle partecipazioni attiene si lega al possesso in forma più o meno qualificata di azioni o quote rappresentative del capitale sociale di un’impresa costituita in forma societaria. Le azioni, in particolare, sono caratterizzate dal regime della circolazione; di conseguenza, il loro trasferimento determina il cambiamento della composizione del soggetto giuridico dell’impresa, con effetti analoghi, in caso di compravendita di pacchetti di azioni di maggioranza assoluta o relativa rilevante, a quelli derivanti dalla compravendita dell’azienda ad esso afferente. Tanto le azioni quanto le quote non azionarie sono caratterizzate da remunerazione variabile ed eventuale in relazione ai risultati economici dell’azienda ed alla quota di capitale della stessa posseduta, in considerazione dell’esposizione della gestione della partecipata al rischio operativo aziendale. Del che si suole indicare che trattasi di investimenti nel “capitale di pieno rischio” dell’impresa . Un’impresa può acquisire diritti di partecipazione al capitale sociale di una società per i più svariati motivi. A titolo esemplificativo se ne citano di seguito alcuni : a) per temporaneo investimento di liquidità nella speranza di una remunerazione diretta per effetto della differenza positiva fra ricavo da disinvestimento e costo di acquisto; b) per duraturo investimento patrimoniale nell’attesa di dividendi ed eventualmente dei guadagni in conto capitale sub-a); c) per conseguire vantaggi economici indiretti che possono portare ad un incremento della economicità della partecipante d) per poter esercitare un controllo più o meno rilevante sull’attività dell’impresa partecipata secondo politiche strategiche ed operative che prescindono dalla considerazione degli obiettivi dei singoli soggetti giuridici e rispondono alle logiche proprie di un soggetto economico sovraordinato, rappresentato dal gruppo aziendale; e) per motivi diversi, per lo più legati a fenomeni di mercato. Nei casi diversi da quelli indicati sub-c) e sub-d), pur con evidenti differenze legate all’orizzonte temporale dell’investimento, l’acquisto delle azioni/quote configura operazioni proprie all’area patrimoniale o accessoria della gestione, finalizzate a trovare un conveniente investimento di liquidità eccedenti sprigionate dall’assetto delle combinazioni produttive aziendali. I casi sub-c) e sub-d) invece determinano investimenti legati più squisitamente all’area caratteristica della gestione dell’impresa partecipante, poiché si determinano legami di carattere gestionale fra la partecipante e la partecipata che si traducono o in migliori risultati dell’una o dell’altra o in una vera e propria codeterminazione del risultato secondo logiche di gruppo . Alla luce di queste considerazioni sembra opportuno introdurre dei criteri di classificazione delle differenti tipologie di partecipazione al capitale di altre imprese, tese a suddividere il campo di analisi in considerazione delle uniformità di comportamento che si possono osservare. Esse si riveleranno particolarmente utili ad un’analisi sistematica dell’argomento e saranno funzionali a comprendere la ratio delle scelte operate dal legislatore civilistico in tema di disciplina del trattamento contabile di tali poste nel bilancio di esercizio delle imprese. Una prima distinzione, introdotta dalla prevalente dottrina economico-aziendale italiana, è di carattere quali-quantitativo ed esprime, almeno nella generalità dei casi, il differente finalismo che caratterizza il possesso delle azioni/quote. Si parla, infatti, di “partecipazioni” quando il detentore ha uno specifico interesse duraturo di ordine strategico nei riguardi dell’impresa partecipata, cioè un legame che produce benefici in capo all’azienda stessa. Perche ciò possa avvenire la partecipazione deve essere quantitativamente rilevante rispetto al resto del capitale sociale, in quanto, come si vedrà meglio nel seguito, maggiore è l’incidenza percentuale sul capitale, maggiore è il potere di influenza gestionale che il vincolo partecipativo garantisce. Al contrario si parla genericamente di titoli azionari quando il quantitativo detenuto non può configurare un benché minimo potere di condizionamento, non è fonte di vantaggi indiretti, ma costituisce un investimento temporaneo di eccedenze monetarie. In questa ottica la partecipazione non è semplicemente un aggregato significativo di titoli, ma rappresenta in sé un oggetto unitario, una unità economico-patrimoniale distinta, un “bene economico di secondo livello” come spesso si è soliti indicarle, che si crea in tanto ed in quanto si instaurano i legami durevoli garantiti dal vincolo partecipativo per effetto della generazione di potenzialità operative non attribuibili alle singole azioni in quanto tali. Una seconda, e forse ancora più importante classificazione, attiene specificamente all’intento con cui si detengono le partecipazioni e gli altri titoli. Ponendosi in una logica di classificazione finanziaria dello stato patrimoniale (o che, comunque, separi la maggior parte delle poste “a breve” dalla maggioranza di quelle “a medio-lungo termine”), esse andranno inserite fra le attività immobilizzate o fra quelle correnti a seconda delle prospettive di mantenimento delle stesse nel tempo. In altre parole, la classificazione di bilancio di tali poste dipende non tanto dalla loro natura, quanto dalla destinazione economica loro impressa all’interno dei piani e programmi gestionali della impresa che le detiene. Pertanto, una partecipazione precedentemente immobilizzata per le motivazioni di carattere strategico-gestionale sopra indicate, può, (o, meglio, deve), essere classificata fra le attività correnti proprio perché sono cambiate le prospettive del suo contributo alla produzione economica dell’impresa partecipante, con il passaggio dalla codeterminazione del risultato della partecipante per effetto delle sinergie gestionali configurabili precedentemente al mutamento della sua destinazione, alla mera considerazione del contributo diretto al risultato economico derivante dal valore di cessione della medesima entro i 12 mesi successivi alla data di riferimento del bilancio, calmierata peraltro dal ricorso al principio di prudenza. Tutti questi aspetti sono tenuti in considerazione nell'analisi delle norme civilistiche di bilancio dell'area delle partecipazioni immobilizzate e come elemento da considerare al fine di applicare corretamente il disposto dei principi contabili nazionali ed internazionali.
2011
9788896004746
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