Affrontare oggi l’esame di un istituto quale l’incidente probatorio – strumento funzionalmente preordinato alla anticipata assunzione, già nella fase preliminare, di dati conoscitivi successivamente utilizzabili nel giudizio vero e proprio – implica la necessità di un preventivo inquadramento del tema in chiave storico-sistematica. E’ noto come l’incidente probatorio costituiva, ad un tempo, una delle novità più significative del codice di rito penale entrato in vigore nel 1989, ed uno degli istituti più marcatamente riconducibili alla “filosofia” sulla base della quale quel codice era stato pensato e realizzato. In questo senso esso rappresentava, di per sé, un tassello di un più vasto sistema, gnoseologico e processuale. L’opzione a favore di un processo “tendenzialmente” accusatorio, infatti, se, per un verso, poggiava su alcuni principi-cardine, tra i quali spiccava quello della separazione funzionale tra la fase preliminare, destinata al compimento ad opera del pubblico ministero di tutte quelle attività investigative necessarie ai fini delle determinazioni in ordine all’esercizio dell’azione penale, e il dibattimento, eletto a luogo privilegiato di formazione della prova nel contradditorio tra le parti dinnanzi al giudice della decisione, per l’altro, richiedeva di prevedere un meccanismo processuale idoneo a scongiurare, durante le indagini preliminari, il rischio di dispersione di prove non rinviabili al dibattimento. Di qui la necessità di immaginare un istituto come quello de quo, congegnato quale parentesi giurisdizionalizzata, collocata all’interno della fase investigativa ed attivabile a richiesta di parte, volta alla immediata escussione delle fonti di prova esposte a pericolo di distruzione o di inquinamento. Ma uno studio, che prenda ad oggetto l’incidente probatorio a distanza di più di dieci anni dalla prima apparizione di quest’ultimo sulla scena processualpenalistica italiana, pur guardando, doverosamente, alle origini dell’istituto, non può non considerare anche i fattori, intervenuti nell’arco di questo, seppur breve, periodo di tempo, che ne hanno modificato – direttamente ed indirettamente – la fisionomia e la stessa funzionalità. In questa prospettiva, la storia “particolare” si intreccia indissolubilmente a quella “generale” e non appare scorretto intravedere nell’evoluzione subita dalla procedura incidentale de qua il riflesso del più ampio itinerario percorso, in questi primi undici anni di sperimentazione, dall’intero sistema processuale penale. Il riferimento è alla svolta in senso inquisitorio impressa – attraverso il ripristino di sempre più ampi spazi di utilizzabilità in dibattimento dei risultati conoscitivi raggiunti, al di fuori del contraddittorio, nel corso delle indagini – all’ordinamento processuale penale ad opera di alcune rilevanti decisioni della Corte costituzionale e della legislazione novellistica a queste seguita. Appare, alla luce di tali considerazioni, imprescindibile – qualora si intenda fare un ritratto corretto dell’istituto de quo – accostarsi alla disciplina oggi vigente in tema di incidente probatorio (risultato, a sua volta, della interpolazione, per mano tanto del legislatore quanto del Giudice delle leggi, sul tessuto originario di alcune significative variazioni) con la avvertita consapevolezza di dover fare i conti con importanti elementi di novità, intervenuti fuori e dentro la normativa specifica, e la necessità di rivedere, di conseguenza, alcuni “luoghi comuni” esegetici, diventati ormai obsoleti. Non solo. Un approccio razionale e realistico alla materia non può non portare l’interprete, preso atto delle incongruenze e, persino, delle contraddizioni che contaminano l’attuale quadro normativo, anche ad interrogarsi – chiudendo così il cerchio tra passato e futuro – sulle prospettive de iure condendo dello strumento de quo, che oggi vanno obbligatoriamente inquadrate all’interno dell’orizzonte definito dai nuovi principi del “giusto processo”, introdotti, a livello di Carta fondamentale, dalla riforma dell’art.111 Cost. Sulla scorta di tali premesse di natura programmatica e metodologica, il lavoro muove da una preliminare ricostruzione, in chiave storica, delle radici dell’istituto dell’incidente probatorio, che vengono individuate nell’ambito del lungo iter di riforma del codice di procedura penale (avviatosi pressoché immediatamente dopo l’entrata in vigore della Costituzione del 1948, ma destinato a concludersi solo, come è noto, nel 1989). Tale ricostruzione (alla quale è dedicata la prima parte dell’elaborato), seppur condotta in modo necessariamente sintetico, lascia chiaramente emergere il profondo legame tra la configurazione stessa di un meccanismo preposto alla assunzione anticipata della prova e la progressiva scelta del legislatore italiano a favore di un modello processuale ad ispirazione sempre più marcatamente accusatoria. Alla disamina della disciplina codicistica dell’istituto è, invece, riservata la seconda e più corposa parte del lavoro. L’analisi qui procede – con lo sguardo costantemente rivolto alla stratificazione normativa e giurisprudenziale prodottosi nel primo decennio di applicazione dello strumento processuale in esame – soffermandosi, partitamente, sulle fattispecie di incidente (operando, all’interno di queste, una prima generale distinzione tra quelle definibili per semplicità come “tradizionali”, in quanto presenti sin dalla versione originaria del nuovo codice di rito, e rimaste immutate nella loro fisionomia primigenia, da un lato, e quelle successivamente introdotte o modifiche per via di successivi interventi novellistici, dall’altro); sui limiti cronologici di attivazione del meccanismo (dilatasi, rispetto allo schema iniziale, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n.77 del 1994, che ha di fatto aperto all’operatività dello strumento de quo anche la fase, ormai pienamente processuale, dell’udienza preliminare); sulla sequenza del procedimento incidentale e sui suoi diversi momenti, con particolare attenzione all’udienza di cui all’art.401 c.p.p., ed, infine, sul regime di utilizzabilità della prova assunta anticipatamente, letto, anche questo, alla luce dei cambiamenti intervenuti, ad un livello più generale, sull’assetto dei rapporti tra fase preliminare e giudizio.
L'incidente probatorio nel procedimento penale tra riforme ordinarie e riforme costituzionali
RENON, PAOLO
2000-01-01
Abstract
Affrontare oggi l’esame di un istituto quale l’incidente probatorio – strumento funzionalmente preordinato alla anticipata assunzione, già nella fase preliminare, di dati conoscitivi successivamente utilizzabili nel giudizio vero e proprio – implica la necessità di un preventivo inquadramento del tema in chiave storico-sistematica. E’ noto come l’incidente probatorio costituiva, ad un tempo, una delle novità più significative del codice di rito penale entrato in vigore nel 1989, ed uno degli istituti più marcatamente riconducibili alla “filosofia” sulla base della quale quel codice era stato pensato e realizzato. In questo senso esso rappresentava, di per sé, un tassello di un più vasto sistema, gnoseologico e processuale. L’opzione a favore di un processo “tendenzialmente” accusatorio, infatti, se, per un verso, poggiava su alcuni principi-cardine, tra i quali spiccava quello della separazione funzionale tra la fase preliminare, destinata al compimento ad opera del pubblico ministero di tutte quelle attività investigative necessarie ai fini delle determinazioni in ordine all’esercizio dell’azione penale, e il dibattimento, eletto a luogo privilegiato di formazione della prova nel contradditorio tra le parti dinnanzi al giudice della decisione, per l’altro, richiedeva di prevedere un meccanismo processuale idoneo a scongiurare, durante le indagini preliminari, il rischio di dispersione di prove non rinviabili al dibattimento. Di qui la necessità di immaginare un istituto come quello de quo, congegnato quale parentesi giurisdizionalizzata, collocata all’interno della fase investigativa ed attivabile a richiesta di parte, volta alla immediata escussione delle fonti di prova esposte a pericolo di distruzione o di inquinamento. Ma uno studio, che prenda ad oggetto l’incidente probatorio a distanza di più di dieci anni dalla prima apparizione di quest’ultimo sulla scena processualpenalistica italiana, pur guardando, doverosamente, alle origini dell’istituto, non può non considerare anche i fattori, intervenuti nell’arco di questo, seppur breve, periodo di tempo, che ne hanno modificato – direttamente ed indirettamente – la fisionomia e la stessa funzionalità. In questa prospettiva, la storia “particolare” si intreccia indissolubilmente a quella “generale” e non appare scorretto intravedere nell’evoluzione subita dalla procedura incidentale de qua il riflesso del più ampio itinerario percorso, in questi primi undici anni di sperimentazione, dall’intero sistema processuale penale. Il riferimento è alla svolta in senso inquisitorio impressa – attraverso il ripristino di sempre più ampi spazi di utilizzabilità in dibattimento dei risultati conoscitivi raggiunti, al di fuori del contraddittorio, nel corso delle indagini – all’ordinamento processuale penale ad opera di alcune rilevanti decisioni della Corte costituzionale e della legislazione novellistica a queste seguita. Appare, alla luce di tali considerazioni, imprescindibile – qualora si intenda fare un ritratto corretto dell’istituto de quo – accostarsi alla disciplina oggi vigente in tema di incidente probatorio (risultato, a sua volta, della interpolazione, per mano tanto del legislatore quanto del Giudice delle leggi, sul tessuto originario di alcune significative variazioni) con la avvertita consapevolezza di dover fare i conti con importanti elementi di novità, intervenuti fuori e dentro la normativa specifica, e la necessità di rivedere, di conseguenza, alcuni “luoghi comuni” esegetici, diventati ormai obsoleti. Non solo. Un approccio razionale e realistico alla materia non può non portare l’interprete, preso atto delle incongruenze e, persino, delle contraddizioni che contaminano l’attuale quadro normativo, anche ad interrogarsi – chiudendo così il cerchio tra passato e futuro – sulle prospettive de iure condendo dello strumento de quo, che oggi vanno obbligatoriamente inquadrate all’interno dell’orizzonte definito dai nuovi principi del “giusto processo”, introdotti, a livello di Carta fondamentale, dalla riforma dell’art.111 Cost. Sulla scorta di tali premesse di natura programmatica e metodologica, il lavoro muove da una preliminare ricostruzione, in chiave storica, delle radici dell’istituto dell’incidente probatorio, che vengono individuate nell’ambito del lungo iter di riforma del codice di procedura penale (avviatosi pressoché immediatamente dopo l’entrata in vigore della Costituzione del 1948, ma destinato a concludersi solo, come è noto, nel 1989). Tale ricostruzione (alla quale è dedicata la prima parte dell’elaborato), seppur condotta in modo necessariamente sintetico, lascia chiaramente emergere il profondo legame tra la configurazione stessa di un meccanismo preposto alla assunzione anticipata della prova e la progressiva scelta del legislatore italiano a favore di un modello processuale ad ispirazione sempre più marcatamente accusatoria. Alla disamina della disciplina codicistica dell’istituto è, invece, riservata la seconda e più corposa parte del lavoro. L’analisi qui procede – con lo sguardo costantemente rivolto alla stratificazione normativa e giurisprudenziale prodottosi nel primo decennio di applicazione dello strumento processuale in esame – soffermandosi, partitamente, sulle fattispecie di incidente (operando, all’interno di queste, una prima generale distinzione tra quelle definibili per semplicità come “tradizionali”, in quanto presenti sin dalla versione originaria del nuovo codice di rito, e rimaste immutate nella loro fisionomia primigenia, da un lato, e quelle successivamente introdotte o modifiche per via di successivi interventi novellistici, dall’altro); sui limiti cronologici di attivazione del meccanismo (dilatasi, rispetto allo schema iniziale, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n.77 del 1994, che ha di fatto aperto all’operatività dello strumento de quo anche la fase, ormai pienamente processuale, dell’udienza preliminare); sulla sequenza del procedimento incidentale e sui suoi diversi momenti, con particolare attenzione all’udienza di cui all’art.401 c.p.p., ed, infine, sul regime di utilizzabilità della prova assunta anticipatamente, letto, anche questo, alla luce dei cambiamenti intervenuti, ad un livello più generale, sull’assetto dei rapporti tra fase preliminare e giudizio.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.