Il problema delle conseguenze derivanti dall'ipotesi di mutamento della persona fìsica del giudice nel corso del dibattimento è stato, in questi anni, oggetto di una non sopita querelle, dai toni spesso accessi, che ha visto impegnate sia la giurisprudenza (anche attraverso l'intervento dei suoi massimi organismi) sia la dottrina. In particolare, l'elaborazione giurisprudenziale, sollecitata a misurarsi su un tema dalle così rilevanti implicazioni sistematiche e dalle altrettanto evidenti ricadute pratiche, ha progressivamente costruito - intorno ad un dato normativo alquanto lacunoso, quale quello rappresentato dall'art. 525 comma 2 c.p.p. - un reticolo di regole non scritte, impostate sull'assunto per cui nel caso di variazione nella composizione fisica dell'organo giurisdizionale si debba procedere alla rinnovazione dell'intera fase dibattimentale. Ma l'aspetto più controverso rimane quello legato alle modalità dell'acquisizione della prova nel contesto del dibattimento rinnovato, in quanto investe sia la questione della utilizzabilità dei verbali degli atti compiuti avanti al giudice poi sostituito sia quella della nuova escussione delle fonti di prova già esaminate. A fronte degli esiti di tale percorso interpretativo, è sembrato necessario tornare ad interrogarsi sul valore della garanzia dell'immutabilità nel giudizio penale dibattimentale di primo grado, alla luce sia dei nuovi principi del giusto processo, introdotti dalla riforma del 1999 nel corpo della nostra Carta fondamentale, sia della più recente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. Così ricostruito il quadro sistematico di riferimento, è risultato possibile affrontare le diverse tematiche connesse alla ipotesi di mutamento del giudice, dalla individuazione delle cause, interne ed esterne al processo, che possono determinare tale fenomeno, alla analisi degli effetti.
Mutamento del giudice penale e rinnovazione del dibattimento
RENON, PAOLO
2009-01-01
Abstract
Il problema delle conseguenze derivanti dall'ipotesi di mutamento della persona fìsica del giudice nel corso del dibattimento è stato, in questi anni, oggetto di una non sopita querelle, dai toni spesso accessi, che ha visto impegnate sia la giurisprudenza (anche attraverso l'intervento dei suoi massimi organismi) sia la dottrina. In particolare, l'elaborazione giurisprudenziale, sollecitata a misurarsi su un tema dalle così rilevanti implicazioni sistematiche e dalle altrettanto evidenti ricadute pratiche, ha progressivamente costruito - intorno ad un dato normativo alquanto lacunoso, quale quello rappresentato dall'art. 525 comma 2 c.p.p. - un reticolo di regole non scritte, impostate sull'assunto per cui nel caso di variazione nella composizione fisica dell'organo giurisdizionale si debba procedere alla rinnovazione dell'intera fase dibattimentale. Ma l'aspetto più controverso rimane quello legato alle modalità dell'acquisizione della prova nel contesto del dibattimento rinnovato, in quanto investe sia la questione della utilizzabilità dei verbali degli atti compiuti avanti al giudice poi sostituito sia quella della nuova escussione delle fonti di prova già esaminate. A fronte degli esiti di tale percorso interpretativo, è sembrato necessario tornare ad interrogarsi sul valore della garanzia dell'immutabilità nel giudizio penale dibattimentale di primo grado, alla luce sia dei nuovi principi del giusto processo, introdotti dalla riforma del 1999 nel corpo della nostra Carta fondamentale, sia della più recente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. Così ricostruito il quadro sistematico di riferimento, è risultato possibile affrontare le diverse tematiche connesse alla ipotesi di mutamento del giudice, dalla individuazione delle cause, interne ed esterne al processo, che possono determinare tale fenomeno, alla analisi degli effetti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.