Il saggio si propone di mostrare come la figura di Kant, sia pure quantitativamente non molto presente nel corpus degli scritti di Gramsci (e conseguentemente poco approfondita dalla critica), rappresenti uno stimolo e un punto di riferimento costante nel tentativo di ri-costruire una filosofia della prassi alternativa sia al dogmatismo del materialismo dialettico sovietico, sia all’eccesso opposto rappresentato dall’«ideologismo» di quello che sarà poi detto marxismo occidentale. Negli scritti precedenti i "Quaderni del carcere" i richiami sono rarissimi e limitati al Kant etico-politico, la cui morale rigorosa rappresenta un modello da estendere marxianamente alla classe operaia non appena le condizioni storiche lo permetteranno. Il confronto con la morale kantiana riprende e si approfondisce criticamente nel periodo carcerario, concentrandosi in particolare sul preteso carattere assoluto dell’imperativo categorico. Nei "Quaderni" inoltre il rapporto di Gramsci con Kant si estende in direzioni nuove, a partire dal problema gnoseologico, recuperando il fenomenismo con cui si era già confrontato il giovane Marx (Sacra Famiglia, Tesi su Feuerbach), senza che questo comporti alcun avvicinamento di Gramsci al neokantismo in senso stretto, né tantomeno a forme di commistione tra marxismo e kantismo. Un’altra questione a proposito della quale Gramsci si giova di suggestioni kantiane nella sua rilettura del marxismo in termini di filosofia della prassi ha a che fare con il problema della teleologia, reinterpretata attraverso il concetto di «missione storica» del proletariato. Infine l’affermazione gramsciana secondo la quale interrogarsi su «Che cosa è l’uomo?» rappresenta «la domanda prima e principale della filosofia», rimanda espressamente alla kantiana Antropologia da un punto di vista pragmatico.
"Che cos'è l'uomo". Motivi kantiani negli scritti di Antonio Gramsci
COSPITO, GIUSEPPE
2012-01-01
Abstract
Il saggio si propone di mostrare come la figura di Kant, sia pure quantitativamente non molto presente nel corpus degli scritti di Gramsci (e conseguentemente poco approfondita dalla critica), rappresenti uno stimolo e un punto di riferimento costante nel tentativo di ri-costruire una filosofia della prassi alternativa sia al dogmatismo del materialismo dialettico sovietico, sia all’eccesso opposto rappresentato dall’«ideologismo» di quello che sarà poi detto marxismo occidentale. Negli scritti precedenti i "Quaderni del carcere" i richiami sono rarissimi e limitati al Kant etico-politico, la cui morale rigorosa rappresenta un modello da estendere marxianamente alla classe operaia non appena le condizioni storiche lo permetteranno. Il confronto con la morale kantiana riprende e si approfondisce criticamente nel periodo carcerario, concentrandosi in particolare sul preteso carattere assoluto dell’imperativo categorico. Nei "Quaderni" inoltre il rapporto di Gramsci con Kant si estende in direzioni nuove, a partire dal problema gnoseologico, recuperando il fenomenismo con cui si era già confrontato il giovane Marx (Sacra Famiglia, Tesi su Feuerbach), senza che questo comporti alcun avvicinamento di Gramsci al neokantismo in senso stretto, né tantomeno a forme di commistione tra marxismo e kantismo. Un’altra questione a proposito della quale Gramsci si giova di suggestioni kantiane nella sua rilettura del marxismo in termini di filosofia della prassi ha a che fare con il problema della teleologia, reinterpretata attraverso il concetto di «missione storica» del proletariato. Infine l’affermazione gramsciana secondo la quale interrogarsi su «Che cosa è l’uomo?» rappresenta «la domanda prima e principale della filosofia», rimanda espressamente alla kantiana Antropologia da un punto di vista pragmatico.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.