Le macine rotatorie di Sant'Agata Bolognese possono essere classificate in due categorie: 1) una di piccole dimensioni, adatta ad una rotazione imposta direttamente con la mano; 2) una di più grandi dimensioni, nella quale la rotazione è impressa da un perno verticale. Dal punto di vista petrografico le rocce utilizzate per costruire le macine sono in prevalenza di origine metamorfica e si possono definire con il termine generico di scisti verdi con relitti di granato e/o cloritoide, a causa della loro composizione mineralogica e, dal punto di vista macroscopico, per il loro colore verde dominante. Le diverse percentuali in volume, dei minerali, in particolare granato, cloritoide, clorite e talco, permettono di individuare rocce diverse. I cloritoscisti a granato e/o cloritoide sono i litotipi più diffusi nelle macine qui studiate. Un solo frammento di macina proviene da una roccia metamorfica che può essere classificata come una eclogite retro-metamorfosata. La Valle d’Aosta è stata la zona che forniva alcune pietre ollari con caratteristiche mineralogiche molto simili a quelle delle macine. Questa provenienza da così lontano non meraviglia, d’altra parte, perché molti altri strumenti litici trovati in questo villaggio sono stati prodotti con pietre particolari alpine o dai Colli Euganei. Si può quindi concludere che l’arte molitoria condotta nel nostro sito era svolta da persone non di cultura materiale appenninica, o comunque regionale, e che inoltre si avvalevano certamente delle comunicazioni padane lungo le vie d’acqua.

Come funzionavano i mulini del villaggio

MESSIGA, BRUNO;RICCARDI, MARIA PIA
2014-01-01

Abstract

Le macine rotatorie di Sant'Agata Bolognese possono essere classificate in due categorie: 1) una di piccole dimensioni, adatta ad una rotazione imposta direttamente con la mano; 2) una di più grandi dimensioni, nella quale la rotazione è impressa da un perno verticale. Dal punto di vista petrografico le rocce utilizzate per costruire le macine sono in prevalenza di origine metamorfica e si possono definire con il termine generico di scisti verdi con relitti di granato e/o cloritoide, a causa della loro composizione mineralogica e, dal punto di vista macroscopico, per il loro colore verde dominante. Le diverse percentuali in volume, dei minerali, in particolare granato, cloritoide, clorite e talco, permettono di individuare rocce diverse. I cloritoscisti a granato e/o cloritoide sono i litotipi più diffusi nelle macine qui studiate. Un solo frammento di macina proviene da una roccia metamorfica che può essere classificata come una eclogite retro-metamorfosata. La Valle d’Aosta è stata la zona che forniva alcune pietre ollari con caratteristiche mineralogiche molto simili a quelle delle macine. Questa provenienza da così lontano non meraviglia, d’altra parte, perché molti altri strumenti litici trovati in questo villaggio sono stati prodotti con pietre particolari alpine o dai Colli Euganei. Si può quindi concludere che l’arte molitoria condotta nel nostro sito era svolta da persone non di cultura materiale appenninica, o comunque regionale, e che inoltre si avvalevano certamente delle comunicazioni padane lungo le vie d’acqua.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/856676
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