Chiarire se esistono le collocazioni implica in primo luogo chiarire che cosa si intenda per collocazione. Nella vastissima letteratura sul tema, si trovano varie definizioni di che cosa sia una collocazione. In questo breve contributo, proponiamo di partire da una definizione ‘larga’ e ampiamente condivisa di collocazione, che comprende qualsiasi combinazione di parole che si presenta più frequente di quanto ci si aspetterebbe in base al caso, per passare a una definizione più stretta, che comprende tutte le combinazioni di parole soggette a una restrizione (qualunque sia la natura di tale restrizione) e giungere infine a una definizione molto ‘stretta’, per la quale la collocazione è una combinazione di parole consolidata dall’uso, corrispondente a un modo preferenziale di dire una certa cosa. In questo percorso, cercheremo di mostrare come “consolidata dall’uso” non equivalga a idiosincratico, come già ben argomentato in Siller-Runggaldier (2006),1 e come ciò che in letteratura è chiamato meaning ‘by collocation’ (Firth 1957, 194) è analizzabile come il risultato prevedibile di un processo sintagmatico di aggiustamento del senso degli elementi coinvolti nella combinazione lessicale (cf. Pustejovsky 2002). L’attenzione è focalizzata su strutture verbo-nome (V-N) e nome-aggettivo (N-A), in particolare quelle in cui V o A esibiscono un significato figurato nel contesto collocazionale, a seguito di un processo metaforico, come per es. lanciare un appello (nel senso di ‘rivolgere’) o cibo pesante (nel senso di ‘difficile da digerire’). In relazione a tali strutture, sosterremo che mentre la scelta lessicale di V o A a partire da N è motivata a posteriori alla luce dei processi di similitudine o analogia che caratterizzano la metafora, ma non è predicibile a priori, l’interpretazione di V o A nel contesto collocazionale risponde a principi di concordanza di tratti lessicali tra base e collocato, ed è prevedibile a partire da N.
Esistono le collocazioni? Denotazione vs. significato collocazionale
JEZEK, ELISABETTA
2014-01-01
Abstract
Chiarire se esistono le collocazioni implica in primo luogo chiarire che cosa si intenda per collocazione. Nella vastissima letteratura sul tema, si trovano varie definizioni di che cosa sia una collocazione. In questo breve contributo, proponiamo di partire da una definizione ‘larga’ e ampiamente condivisa di collocazione, che comprende qualsiasi combinazione di parole che si presenta più frequente di quanto ci si aspetterebbe in base al caso, per passare a una definizione più stretta, che comprende tutte le combinazioni di parole soggette a una restrizione (qualunque sia la natura di tale restrizione) e giungere infine a una definizione molto ‘stretta’, per la quale la collocazione è una combinazione di parole consolidata dall’uso, corrispondente a un modo preferenziale di dire una certa cosa. In questo percorso, cercheremo di mostrare come “consolidata dall’uso” non equivalga a idiosincratico, come già ben argomentato in Siller-Runggaldier (2006),1 e come ciò che in letteratura è chiamato meaning ‘by collocation’ (Firth 1957, 194) è analizzabile come il risultato prevedibile di un processo sintagmatico di aggiustamento del senso degli elementi coinvolti nella combinazione lessicale (cf. Pustejovsky 2002). L’attenzione è focalizzata su strutture verbo-nome (V-N) e nome-aggettivo (N-A), in particolare quelle in cui V o A esibiscono un significato figurato nel contesto collocazionale, a seguito di un processo metaforico, come per es. lanciare un appello (nel senso di ‘rivolgere’) o cibo pesante (nel senso di ‘difficile da digerire’). In relazione a tali strutture, sosterremo che mentre la scelta lessicale di V o A a partire da N è motivata a posteriori alla luce dei processi di similitudine o analogia che caratterizzano la metafora, ma non è predicibile a priori, l’interpretazione di V o A nel contesto collocazionale risponde a principi di concordanza di tratti lessicali tra base e collocato, ed è prevedibile a partire da N.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.