Introduzione: la scabbia (agente eziologico: Sarcoptes scabiei var. hominis) è una malattia parassitaria contagiosa, diffusa nella popolazione generale, che può essere all’origine di focolai epidemici in ambito ospedaliero, con possibile coinvolgimento del personale e notevoli ripercussioni economiche e gestionali. Il Policlinico San Matteo di Pavia adotta (dal 2005, con revisioni triennali) un protocollo operativo per la gestione dei casi indice, basato sul precoce isolamento del paziente infestato, sull’identificazione dei contatti stretti e sul loro trattamento profilattico, con temporaneo allontanamento dalla mansione. Obiettivi: acquisizione di dati descrittivi sui casi di scabbia riscontrati nell’ospedale oggetto dello studio e verifica dell’efficacia preventiva del protocollo adottato per la loro gestione. Metodi: studio retrospettivo (2005-2014) dei casi indice, raccolti in apposito archivio informatico. Per ognuno di essi, sono stati raccolti i dati anagrafici e clinici, e informazioni sugli operatori sanitari che erano venuti in contatto con il paziente nelle 6 settimane precedenti la diagnosi (periodo massimo d’incubazione della malattia). Risultati: sono stati identificati 30 casi di scabbia tra i ricoverati (11 femmine e 19 maschi; età media 60 anni; range: 2 mesi – 92 anni); 9 di loro risultavano trasferiti da altre strutture sanitarie; 11 pazienti erano immunodepressi: di questi, 3 erano affetti da scabbia norvegese (o scabbia crostosa: variante clinica ad alta contagiosità, di difficile diagnosi, nella quale il numero di acari sulla cute dell’ammalato è assai elevato, fino ad alcuni milioni). I contatti comprendevano 894 operatori sanitari, in prevalenza infermieri, ausiliari e studenti infermieri; tra questi, 158 avevano prestato assistenza ai casi di scabbia norvegese: 15 (1,7% dell’intero campione) risultavano contagiati. Questa percentuale è molto inferiore ai tassi di contagio (talora > 30%) riportati in altre casistiche. Tutti gli operatori identificati come contatti stretti sono stati sottoposti a trattamento (profilattico o terapeutico) con permetrina crema al 5% o ivermectina per os (200 µg/kg), ad eccezione di 6 che -a un’indagine più approfondita- sono stati riclassificati come contatti occasionali con casi di scabbia classica, a rischio di contagio trascurabile. La compliance al trattamento è stata totale. Conclusione: la scabbia continua a essere un importante rischio professionale in ambito ospedaliero, soprattutto per il personale infermieristico, compresi gli studenti in formazione. Particolarmente pericolosi, sotto questo punto di vista, sono i pazienti immunocompromessi, nei quali può con maggior frequenza manifestarsi la scabbia norvegese. Il protocollo operativo adottato dal Policlinico San Matteo risulta efficace per il contenimento del rischio.

Scabbia occupazionale in ambito ospedaliero: studio retrospettivo

MARTINOLI, SARA;STROSSELLI, MAURIZIO;FERRARI, MASSIMO;CANDURA, STEFANO
2016-01-01

Abstract

Introduzione: la scabbia (agente eziologico: Sarcoptes scabiei var. hominis) è una malattia parassitaria contagiosa, diffusa nella popolazione generale, che può essere all’origine di focolai epidemici in ambito ospedaliero, con possibile coinvolgimento del personale e notevoli ripercussioni economiche e gestionali. Il Policlinico San Matteo di Pavia adotta (dal 2005, con revisioni triennali) un protocollo operativo per la gestione dei casi indice, basato sul precoce isolamento del paziente infestato, sull’identificazione dei contatti stretti e sul loro trattamento profilattico, con temporaneo allontanamento dalla mansione. Obiettivi: acquisizione di dati descrittivi sui casi di scabbia riscontrati nell’ospedale oggetto dello studio e verifica dell’efficacia preventiva del protocollo adottato per la loro gestione. Metodi: studio retrospettivo (2005-2014) dei casi indice, raccolti in apposito archivio informatico. Per ognuno di essi, sono stati raccolti i dati anagrafici e clinici, e informazioni sugli operatori sanitari che erano venuti in contatto con il paziente nelle 6 settimane precedenti la diagnosi (periodo massimo d’incubazione della malattia). Risultati: sono stati identificati 30 casi di scabbia tra i ricoverati (11 femmine e 19 maschi; età media 60 anni; range: 2 mesi – 92 anni); 9 di loro risultavano trasferiti da altre strutture sanitarie; 11 pazienti erano immunodepressi: di questi, 3 erano affetti da scabbia norvegese (o scabbia crostosa: variante clinica ad alta contagiosità, di difficile diagnosi, nella quale il numero di acari sulla cute dell’ammalato è assai elevato, fino ad alcuni milioni). I contatti comprendevano 894 operatori sanitari, in prevalenza infermieri, ausiliari e studenti infermieri; tra questi, 158 avevano prestato assistenza ai casi di scabbia norvegese: 15 (1,7% dell’intero campione) risultavano contagiati. Questa percentuale è molto inferiore ai tassi di contagio (talora > 30%) riportati in altre casistiche. Tutti gli operatori identificati come contatti stretti sono stati sottoposti a trattamento (profilattico o terapeutico) con permetrina crema al 5% o ivermectina per os (200 µg/kg), ad eccezione di 6 che -a un’indagine più approfondita- sono stati riclassificati come contatti occasionali con casi di scabbia classica, a rischio di contagio trascurabile. La compliance al trattamento è stata totale. Conclusione: la scabbia continua a essere un importante rischio professionale in ambito ospedaliero, soprattutto per il personale infermieristico, compresi gli studenti in formazione. Particolarmente pericolosi, sotto questo punto di vista, sono i pazienti immunocompromessi, nei quali può con maggior frequenza manifestarsi la scabbia norvegese. Il protocollo operativo adottato dal Policlinico San Matteo risulta efficace per il contenimento del rischio.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/1181213
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