Il D.lgs. 81/2008, all’art. 28, sancisce che la valutazione dei rischi (indispensabile premessa a eventuali interventi preventivi) deve comprendere «anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato». Nel contempo, l’attenzione di medici e non-medici è stata richiamata da un fenomeno emergente: il “mobbing”, termine con il quale si fa riferimento a molestie psicologiche, quasi sempre intenzionali, ripetute e prolungate (almeno 6 mesi) nei confronti di un lavoratore, dovute ad azioni ostili condotte solitamente dal superiore o da un piccolo gruppo di colleghi, esercitate attraverso comportamenti aggressivi, persecutori e lesivi della dignità personale e professionale, in grado di provocare danni alla salute psicofisica e ingenti perdite economiche in termini di produttività e assenze dal lavoro. Presso il nostro Istituto è attivo da molti anni un percorso diagnostico multidisciplinare per i disturbi riconducibili a stress lavoro-correlato e, in particolare, a mobbing. Obiettivo dello studio:valutare frequenza, differenze di genere e qualifica lavorativa dei disturbi psichiatrici correlabili a stress lavoro-correlato nella pratica clinica. Dal 2003 fino al 2016 sono stati valutati 834 pazienti (483 donne e 351 uomini; età media ± DS: 45,1 ± 9,1 anni) che riferivano problemi di salute da loro attributi a vessazioni subite in ambito lavorativo o ad altre forme di stress occupazionale. Essi sono stati indagati con strumenti di psicodiagnosi (MMPI-2, SCID ed intervista strutturata per DSM), anamnesi integrata e visite di specialisti psichiatri e medici del lavoro. Degli 834 pazienti che compongono la casistica, 9 (1,1%) non hanno terminato il percorso diagnostico (drop out), 276 pazienti (33,1%) non risultavano affetti da patologie psichiatriche, 124 (14,8%) presentavano disturbi psichiatrici (depressione, ansia, psicosi) non correlabili al lavoro, 350 (42%) ansia correlata al lavoro. In 72 casi (8,6%) si è posta diagnosi di disturbo dell’adattamento (DA) e in 3 (0.4%) di disturbo post-traumatico da stress (DPTS), correlabili a mobbing o costrittività organizzative, per un totale di 75 segnalazioni di malattia professionale alle Autorità competenti. Di queste, il 61,3% riguardava donne, il 38,7% uomini; il 13,3% aveva qualifica di dirigente, il 14,7% di quadro, il 30,7% di impiegato, il 34,7% di operaio, il 6.6% altra qualifica. Al termine del percorso diagnostico, una sindrome psichiatrica lavoro-correlata (AD o PTSD) è stata identificata in meno del 10% dei casi. Questo conferma la necessità di un rigoroso e prudente percorso interdisciplinare, volto a selezionare i casi per i quali avviare procedure medico-legali. Le donne e i lavoratori del terziario (white collars) sono più frequentemente coinvolti. Lo studio richiama inoltre la necessità di adeguate misure preventive.

Stress lavoro-correlato e mobbing: diagnosi multidisciplinare e casistica clinica

lettini giacomo;tedeschi nathalie;cadei paola;RECCHIA, LAURA FIAMMETTA;pettenuzzo emanuela;NEGRI, CLAUDIA;giorgi ines;candura stefano massimo
2017-01-01

Abstract

Il D.lgs. 81/2008, all’art. 28, sancisce che la valutazione dei rischi (indispensabile premessa a eventuali interventi preventivi) deve comprendere «anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato». Nel contempo, l’attenzione di medici e non-medici è stata richiamata da un fenomeno emergente: il “mobbing”, termine con il quale si fa riferimento a molestie psicologiche, quasi sempre intenzionali, ripetute e prolungate (almeno 6 mesi) nei confronti di un lavoratore, dovute ad azioni ostili condotte solitamente dal superiore o da un piccolo gruppo di colleghi, esercitate attraverso comportamenti aggressivi, persecutori e lesivi della dignità personale e professionale, in grado di provocare danni alla salute psicofisica e ingenti perdite economiche in termini di produttività e assenze dal lavoro. Presso il nostro Istituto è attivo da molti anni un percorso diagnostico multidisciplinare per i disturbi riconducibili a stress lavoro-correlato e, in particolare, a mobbing. Obiettivo dello studio:valutare frequenza, differenze di genere e qualifica lavorativa dei disturbi psichiatrici correlabili a stress lavoro-correlato nella pratica clinica. Dal 2003 fino al 2016 sono stati valutati 834 pazienti (483 donne e 351 uomini; età media ± DS: 45,1 ± 9,1 anni) che riferivano problemi di salute da loro attributi a vessazioni subite in ambito lavorativo o ad altre forme di stress occupazionale. Essi sono stati indagati con strumenti di psicodiagnosi (MMPI-2, SCID ed intervista strutturata per DSM), anamnesi integrata e visite di specialisti psichiatri e medici del lavoro. Degli 834 pazienti che compongono la casistica, 9 (1,1%) non hanno terminato il percorso diagnostico (drop out), 276 pazienti (33,1%) non risultavano affetti da patologie psichiatriche, 124 (14,8%) presentavano disturbi psichiatrici (depressione, ansia, psicosi) non correlabili al lavoro, 350 (42%) ansia correlata al lavoro. In 72 casi (8,6%) si è posta diagnosi di disturbo dell’adattamento (DA) e in 3 (0.4%) di disturbo post-traumatico da stress (DPTS), correlabili a mobbing o costrittività organizzative, per un totale di 75 segnalazioni di malattia professionale alle Autorità competenti. Di queste, il 61,3% riguardava donne, il 38,7% uomini; il 13,3% aveva qualifica di dirigente, il 14,7% di quadro, il 30,7% di impiegato, il 34,7% di operaio, il 6.6% altra qualifica. Al termine del percorso diagnostico, una sindrome psichiatrica lavoro-correlata (AD o PTSD) è stata identificata in meno del 10% dei casi. Questo conferma la necessità di un rigoroso e prudente percorso interdisciplinare, volto a selezionare i casi per i quali avviare procedure medico-legali. Le donne e i lavoratori del terziario (white collars) sono più frequentemente coinvolti. Lo studio richiama inoltre la necessità di adeguate misure preventive.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/1216618
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