INTRODUZIONE La craniotomia decompressiva rappresenta una procedura chirurgica che comprende la rimozione temporanea di una porzione di cranio al fine di alleviare gli effetti secondari dell’ipertensione intracranica. Può essere ottenuta mediante l’asportazione di osso a livello fronto-temporo-occipitale, sia monolaterale che bilaterale, oppure attraverso una craniotomia bifrontale. Il risultato di un danno primario quale l’edema cerebrale conseguente ad un’ischemia, un’emorragia cerebrale o un ematoma occupante spazio può condurre a un aumento della pressione intracranica che, all’interno di un contenitore a volume fisso come il cranio, può rapidamente portare a danni secondari del parenchima cerebrale o addirittura alla morte. MATERIALI E METODI Nella nostra U.O., la craniotomia decompressiva è considerata un valido trattamento nei casi di ipertensione intracranica severa. Per questo motivo, viene praticata sia in forma primaria che secondaria. Per craniotomia decompressiva primaria si intende una decompressione chirurgica che si esegue durante l’evacuazione di un ematoma sottodurale acuto o intraparenchimale spontaneo o traumatico quando si ravvisa, come profilassi o per la presenza di edema cerebrale massivo, la necessità di non riposizionare l’opercolo osseo. Differentemente, la craniotomia decompressiva secondaria rientra nel trattamento dell’ipertensione intracranica non responsiva ai normali trattamenti farmacologici e viene effettuata al riscontro di valori di pressione intracranica (PIC) costantemente superiori ai 20 mmHg. RISULTATI Nel periodo compreso tra marzo 2008 e marzo 2013, abbiamo eseguito 32 craniotomie decompressive in 28 pazienti (in 3 pazienti la decompressione è stata bilaterale, mentre un paziente è stato decompresso anche in fossa cranica posteriore). L’età media è stata di 45,5 anni (minima 14; massima 85) con un rapporto maschi/femmine di 1,2 per una leggera prevalenza del sesso maschile (15 casi) su quello femminile (13 casi). Per ragioni statistiche e per rendere i dati confrontabili con le casistiche pubblicate nella letteratura internazionale, i pazienti sono stati raggruppati in tre macrocategorie in base all’evento patologico che ha portato alla necessità dell’intervento di craniotomia decompressiva: trauma, ischemia ed emorragia. In particolare, 14 pazienti (50 %) sono stati trattati in seguito a eventi traumatici, 6 pazienti (21,4 %) per ischemia cerebrale e 8 pazienti (28,6 %) per eventi emorragici. Nello specifico, all’interno della categoria “trauma” sono stati inseriti i soggetti affetti da ematoma sottodurale acuto mono o bilaterale, contusioni cerebrali o danno assonale diffuso; nella categoria “ischemia” sono andati i soggetti affetti da ischemie cerebrali post-chirurgiche (dopo clipping di aneurisma cerebrale, dopo posizionamento di stent endovascolari o dopo tromboendoarteriectomia carotidea); infine, nella categoria “emorragia” sono stati considerati i pazienti affetti da emorragie intraparenchimali spontanee o da rottura di malformazioni artero-venose e pazienti con emorragia subaracnoidea da aneurisma cerebrale. Nessuno dei 6 pazienti trattati per ischemia cerebrale era affetto da ictus cerebri, ma in tutti i casi l’infarto cerebrale è stato secondario alla manipolazione chirurgica o endovascolare. CONCLUSIONI La mortalità generale è stata del 32,1 %: 9 soggetti deceduti, di cui 5 maschi e 4 femmine. La metà dei soggetti decompressi per causa emorragica è deceduta, mentre la mortalità dei pazienti con ischemia cerebrale è inferiore al 20 %: un deceduto su 6 trattati. Per quanto riguarda l’outcome generale, il punteggio mRS medio (modified Rankin Scale) è stato di 4, configurando un profilo comune di disabilità grave seppur associata a un adeguato stato di vigilanza e coscienza. Scegliendo due cut off di età a 30 e a 60 anni che meglio rappresentano la popolazione in studio, avendo un’età media relativamente bassa, è stato possibile riscontrare che non ci sono sostanziali differenze di outcome nei soggetti più giovani rispetto ai più anziani, pur riscontrando in quest’ultimi una disabilità più grave, come ci si aspetterebbe. Anche la valutazione dell’outcome in base al sesso, non mostra differenze tra i due gruppi che sono sostanzialmente omogenei per composizione. Infine, l’outcome per causa sottolinea un andamento peggiore nei soggetti sottoposti a craniotomia decompressiva per emorragia intraparenchimale spontanea o emorragia subaracnoidea da rottura di aneurisma cerebrale.
DECOMPRESSION CRANIOTOMY – PERSONAL EXPERIENCE
Luzzi S;Galzio R
2014-01-01
Abstract
INTRODUZIONE La craniotomia decompressiva rappresenta una procedura chirurgica che comprende la rimozione temporanea di una porzione di cranio al fine di alleviare gli effetti secondari dell’ipertensione intracranica. Può essere ottenuta mediante l’asportazione di osso a livello fronto-temporo-occipitale, sia monolaterale che bilaterale, oppure attraverso una craniotomia bifrontale. Il risultato di un danno primario quale l’edema cerebrale conseguente ad un’ischemia, un’emorragia cerebrale o un ematoma occupante spazio può condurre a un aumento della pressione intracranica che, all’interno di un contenitore a volume fisso come il cranio, può rapidamente portare a danni secondari del parenchima cerebrale o addirittura alla morte. MATERIALI E METODI Nella nostra U.O., la craniotomia decompressiva è considerata un valido trattamento nei casi di ipertensione intracranica severa. Per questo motivo, viene praticata sia in forma primaria che secondaria. Per craniotomia decompressiva primaria si intende una decompressione chirurgica che si esegue durante l’evacuazione di un ematoma sottodurale acuto o intraparenchimale spontaneo o traumatico quando si ravvisa, come profilassi o per la presenza di edema cerebrale massivo, la necessità di non riposizionare l’opercolo osseo. Differentemente, la craniotomia decompressiva secondaria rientra nel trattamento dell’ipertensione intracranica non responsiva ai normali trattamenti farmacologici e viene effettuata al riscontro di valori di pressione intracranica (PIC) costantemente superiori ai 20 mmHg. RISULTATI Nel periodo compreso tra marzo 2008 e marzo 2013, abbiamo eseguito 32 craniotomie decompressive in 28 pazienti (in 3 pazienti la decompressione è stata bilaterale, mentre un paziente è stato decompresso anche in fossa cranica posteriore). L’età media è stata di 45,5 anni (minima 14; massima 85) con un rapporto maschi/femmine di 1,2 per una leggera prevalenza del sesso maschile (15 casi) su quello femminile (13 casi). Per ragioni statistiche e per rendere i dati confrontabili con le casistiche pubblicate nella letteratura internazionale, i pazienti sono stati raggruppati in tre macrocategorie in base all’evento patologico che ha portato alla necessità dell’intervento di craniotomia decompressiva: trauma, ischemia ed emorragia. In particolare, 14 pazienti (50 %) sono stati trattati in seguito a eventi traumatici, 6 pazienti (21,4 %) per ischemia cerebrale e 8 pazienti (28,6 %) per eventi emorragici. Nello specifico, all’interno della categoria “trauma” sono stati inseriti i soggetti affetti da ematoma sottodurale acuto mono o bilaterale, contusioni cerebrali o danno assonale diffuso; nella categoria “ischemia” sono andati i soggetti affetti da ischemie cerebrali post-chirurgiche (dopo clipping di aneurisma cerebrale, dopo posizionamento di stent endovascolari o dopo tromboendoarteriectomia carotidea); infine, nella categoria “emorragia” sono stati considerati i pazienti affetti da emorragie intraparenchimali spontanee o da rottura di malformazioni artero-venose e pazienti con emorragia subaracnoidea da aneurisma cerebrale. Nessuno dei 6 pazienti trattati per ischemia cerebrale era affetto da ictus cerebri, ma in tutti i casi l’infarto cerebrale è stato secondario alla manipolazione chirurgica o endovascolare. CONCLUSIONI La mortalità generale è stata del 32,1 %: 9 soggetti deceduti, di cui 5 maschi e 4 femmine. La metà dei soggetti decompressi per causa emorragica è deceduta, mentre la mortalità dei pazienti con ischemia cerebrale è inferiore al 20 %: un deceduto su 6 trattati. Per quanto riguarda l’outcome generale, il punteggio mRS medio (modified Rankin Scale) è stato di 4, configurando un profilo comune di disabilità grave seppur associata a un adeguato stato di vigilanza e coscienza. Scegliendo due cut off di età a 30 e a 60 anni che meglio rappresentano la popolazione in studio, avendo un’età media relativamente bassa, è stato possibile riscontrare che non ci sono sostanziali differenze di outcome nei soggetti più giovani rispetto ai più anziani, pur riscontrando in quest’ultimi una disabilità più grave, come ci si aspetterebbe. Anche la valutazione dell’outcome in base al sesso, non mostra differenze tra i due gruppi che sono sostanzialmente omogenei per composizione. Infine, l’outcome per causa sottolinea un andamento peggiore nei soggetti sottoposti a craniotomia decompressiva per emorragia intraparenchimale spontanea o emorragia subaracnoidea da rottura di aneurisma cerebrale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.