Partendo da una rassegna dei concetti e dei temi fondamentali della traduzione per il doppiaggio, il volume presenta un modello di ricerca empirica sul dialogo filmico tradotto che si ispira tanto agli studi sul parlato in ambito sociolinguistico e sociopragmatico, quanto ai Descriptive Translation studies. La ricerca si concentra su alcuni costrutti che hanno in comune un ordine marcato dei costituenti e che nel parlato svolgono varie funzioni sia a livello informativo, sia a livello internazionale. La base empirica è rappresentata da un corpus di film contemporanei britannici e americani di cui sono stati interamente trascritti i dialoghi inglesi e italiani. I risultati emersi mostrano un chiaro orientamento della traduzione filmica verso la lingua di arrivo, l’italiano, un influsso limitato della lingua di partenza, l’inglese, insieme alla vitalità di moduli fissi e di routines traduttive. Tra le strutture analizzate, le dislocazioni a destra e le frasi scisse si candidano, per la loro frequenza, a funzionare come marche del parlato, tratti pienamente accettati dal doppiaggio, in cui contribuiscono considerevolmente alla rappresentazione dell’oralità. Le frequenze registrate e le tipologie per ogni fenomeno mostrano, nella lingua dei film, un buon rispecchiamento di ciò che avviene nell’italiano parlato spontaneamente, con una preferenza per fenomeni centrali della lingua di arrivo. Le divergenze osservate sono circoscritte e meno influenti rispetto alle convergenze tra parlato filmico tradotto e parlato spontaneo, in particolare per le dislocazioni a destra e per le frasi scisse. Significativo è inoltre l’accordo tra l’italiano filmico tradotto dall’inglese e l’italiano filmico nazionale, a riprova della collocazione dei testi tradotti nell’ampio sistema culturale della lingua di arrivo. Per quanto riguarda l’interferenza della lingua e dei testi di partenza, dati i numerosi vincoli cui è sottoposto il testo doppiato, è facile avanzare l’ipotesi che ci sia un’influenza pervasiva della lingua di partenza sul processo traduttivo. Per i fenomeni analizzati, l’influenza dell’inglese risulta invece globalmente inferiore a quella dell’italiano. In primo luogo, la presenza di ordini marcati nei testi originali non significa un trasferimento automatico ai testi doppiati: le frasi pseudoscisse e pseudoscisse inverse sono molto spesso “riassorbite” nei testi di arrivo, a favore di soluzioni più consone alle norme dell’italiano e la maggioranza delle strutture marcate sono “aggiunte” ai testi di arrivo, a riflesso della norma dell’italiano. In secondo luogo, il transfer dalla lingua di partenza non dà origine a strutture fortemente marginali nella lingua di arrivo; produce piuttosto calchi di frequenza, ossia fornisce il modello per le strutture utilizzate con frequenza maggiore rispetto alla norma dell’italiano parlato. L’interferenza dalla lingua o dal testo di partenza si conferma quindi un processo selettivo che non compromette la naturalezza delle le scelte traduttive. Un terzo aspetto della traduzione filmica trova ampia conferma nei risultati sugli ordini marcati: la ripetitività, dimensione al contempo autonoma, in quanto caratteristica del parlato conversazionale, e risultato dell’interazione tra le due dimensioni già identificate (la norma della lingua di arrivo e la lingua di partenza). Spesso nelle traduzioni si procede quindi per blocchi, per routines, sia perché nel parlato simulato trovano notevole spazio le formule fisse e convenzionali del parlato spontaneo, sia perché le traduzioni si sviluppano anche sulla base di stilemi traduttivi e di equivalenze formulari. Il parlato filmico tradotto si avvicina quindi al parlato filmico originale sia nella relativa frequenza di alcune strutture, sia nella ripetitività delle scelte, facendo perno su formule cristallizzate e prediligendo soluzioni che coinvolgono l’interlocutore e ne incoraggiano l’adesione emotiva alla vicenda rappresentata.

La traduzione filmica. Aspetti del parlato doppiato dall'inglese all'italiano

PAVESI, MARIA GABRIELLA
2005-01-01

Abstract

Partendo da una rassegna dei concetti e dei temi fondamentali della traduzione per il doppiaggio, il volume presenta un modello di ricerca empirica sul dialogo filmico tradotto che si ispira tanto agli studi sul parlato in ambito sociolinguistico e sociopragmatico, quanto ai Descriptive Translation studies. La ricerca si concentra su alcuni costrutti che hanno in comune un ordine marcato dei costituenti e che nel parlato svolgono varie funzioni sia a livello informativo, sia a livello internazionale. La base empirica è rappresentata da un corpus di film contemporanei britannici e americani di cui sono stati interamente trascritti i dialoghi inglesi e italiani. I risultati emersi mostrano un chiaro orientamento della traduzione filmica verso la lingua di arrivo, l’italiano, un influsso limitato della lingua di partenza, l’inglese, insieme alla vitalità di moduli fissi e di routines traduttive. Tra le strutture analizzate, le dislocazioni a destra e le frasi scisse si candidano, per la loro frequenza, a funzionare come marche del parlato, tratti pienamente accettati dal doppiaggio, in cui contribuiscono considerevolmente alla rappresentazione dell’oralità. Le frequenze registrate e le tipologie per ogni fenomeno mostrano, nella lingua dei film, un buon rispecchiamento di ciò che avviene nell’italiano parlato spontaneamente, con una preferenza per fenomeni centrali della lingua di arrivo. Le divergenze osservate sono circoscritte e meno influenti rispetto alle convergenze tra parlato filmico tradotto e parlato spontaneo, in particolare per le dislocazioni a destra e per le frasi scisse. Significativo è inoltre l’accordo tra l’italiano filmico tradotto dall’inglese e l’italiano filmico nazionale, a riprova della collocazione dei testi tradotti nell’ampio sistema culturale della lingua di arrivo. Per quanto riguarda l’interferenza della lingua e dei testi di partenza, dati i numerosi vincoli cui è sottoposto il testo doppiato, è facile avanzare l’ipotesi che ci sia un’influenza pervasiva della lingua di partenza sul processo traduttivo. Per i fenomeni analizzati, l’influenza dell’inglese risulta invece globalmente inferiore a quella dell’italiano. In primo luogo, la presenza di ordini marcati nei testi originali non significa un trasferimento automatico ai testi doppiati: le frasi pseudoscisse e pseudoscisse inverse sono molto spesso “riassorbite” nei testi di arrivo, a favore di soluzioni più consone alle norme dell’italiano e la maggioranza delle strutture marcate sono “aggiunte” ai testi di arrivo, a riflesso della norma dell’italiano. In secondo luogo, il transfer dalla lingua di partenza non dà origine a strutture fortemente marginali nella lingua di arrivo; produce piuttosto calchi di frequenza, ossia fornisce il modello per le strutture utilizzate con frequenza maggiore rispetto alla norma dell’italiano parlato. L’interferenza dalla lingua o dal testo di partenza si conferma quindi un processo selettivo che non compromette la naturalezza delle le scelte traduttive. Un terzo aspetto della traduzione filmica trova ampia conferma nei risultati sugli ordini marcati: la ripetitività, dimensione al contempo autonoma, in quanto caratteristica del parlato conversazionale, e risultato dell’interazione tra le due dimensioni già identificate (la norma della lingua di arrivo e la lingua di partenza). Spesso nelle traduzioni si procede quindi per blocchi, per routines, sia perché nel parlato simulato trovano notevole spazio le formule fisse e convenzionali del parlato spontaneo, sia perché le traduzioni si sviluppano anche sulla base di stilemi traduttivi e di equivalenze formulari. Il parlato filmico tradotto si avvicina quindi al parlato filmico originale sia nella relativa frequenza di alcune strutture, sia nella ripetitività delle scelte, facendo perno su formule cristallizzate e prediligendo soluzioni che coinvolgono l’interlocutore e ne incoraggiano l’adesione emotiva alla vicenda rappresentata.
2005
9788843036820
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/123455
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