Il valore culturale dell’impronta lasciata dall’uomo sul territorio è alcunché di ampiamente dimostrato e consolidato sia nella letteratura geografica, sia in altri ambiti disciplinari. Tale valore è specialmente visibile nelle modificazioni apportate al territorio allo scopo di procurarsi un ricovero; perciò si è dato particolare peso alle dimore rurali, insediamento più antico e perciò più “tradizionale” di quello urbano. Si è partiti, evidentemente, dalla consapevolezza di un legame più profondo e più rispettoso con l’ambiente naturale da parte del coltivatore. Il principale tributo lasciato a tale consapevolezza rimane, senza meno, l’imponente Collana “Ricerche sulle dimore rurali in Italia”, pubblicata sotto l’egida del CNR. Da questa fonte s’è attinto abbondante materiale negli anni successivi. Il contributo parte dalle conclusioni alle quali giunse la Boriani (1953), tenendo altresì conto delle considerazioni di Pecora (1954). Si espongono alcune osservazioni scaturite nel corso di un’escursione lungo la valle del torrente Versa, nell’Oltrepò pavese; il percorso seguito parte dalla foce di detto torrente nel Po (nel comune di Portalbera) e risale sino alla sorgente (comune di Canevino). L’attenzione è, ovviamente, rivolta a ciò che è rimasto delle dimore rurali dagli anni Cinquanta, ma anche al tipo di modifiche apportate alle dimore stesse nella seconda parte del Novecento; le variazioni architettoniche, infatti, sono da considerarsi preziose testimonianze sociali e culturali, poiché danno conto del mutare del rapporto fra uomo e territorio. Scrive, infatti, Pracchi che il marcato carattere al paesaggio geografico pavese è impresso, in notevole misura, dalle sedi umane; il geografo si riferisce alla dimensione e alla forma di dette sedi, nonché alla loro maggiore o minore dispersione e ubicazione. (Pracchi, 1990, p. 27).

Sedi rurali come beni culturali nell'Oltrepò pavese: da Aldo Pecora ad oggi

CANDURA, ANNA ROSA
2002-01-01

Abstract

Il valore culturale dell’impronta lasciata dall’uomo sul territorio è alcunché di ampiamente dimostrato e consolidato sia nella letteratura geografica, sia in altri ambiti disciplinari. Tale valore è specialmente visibile nelle modificazioni apportate al territorio allo scopo di procurarsi un ricovero; perciò si è dato particolare peso alle dimore rurali, insediamento più antico e perciò più “tradizionale” di quello urbano. Si è partiti, evidentemente, dalla consapevolezza di un legame più profondo e più rispettoso con l’ambiente naturale da parte del coltivatore. Il principale tributo lasciato a tale consapevolezza rimane, senza meno, l’imponente Collana “Ricerche sulle dimore rurali in Italia”, pubblicata sotto l’egida del CNR. Da questa fonte s’è attinto abbondante materiale negli anni successivi. Il contributo parte dalle conclusioni alle quali giunse la Boriani (1953), tenendo altresì conto delle considerazioni di Pecora (1954). Si espongono alcune osservazioni scaturite nel corso di un’escursione lungo la valle del torrente Versa, nell’Oltrepò pavese; il percorso seguito parte dalla foce di detto torrente nel Po (nel comune di Portalbera) e risale sino alla sorgente (comune di Canevino). L’attenzione è, ovviamente, rivolta a ciò che è rimasto delle dimore rurali dagli anni Cinquanta, ma anche al tipo di modifiche apportate alle dimore stesse nella seconda parte del Novecento; le variazioni architettoniche, infatti, sono da considerarsi preziose testimonianze sociali e culturali, poiché danno conto del mutare del rapporto fra uomo e territorio. Scrive, infatti, Pracchi che il marcato carattere al paesaggio geografico pavese è impresso, in notevole misura, dalle sedi umane; il geografo si riferisce alla dimensione e alla forma di dette sedi, nonché alla loro maggiore o minore dispersione e ubicazione. (Pracchi, 1990, p. 27).
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