Da Berlino a Parigi, da Londra a Copenaghen, da Budapest fino al di là dell’oceano Atlantico, a New York, si estendeva la rete dei corrispondenti della prima agenzia letteraria italiana, l’Agenzia Letteraria Internazionale (ALI). Le lettere degli agenti, degli editori, degli autori stranieri finivano sulla scrivania di Augusto e Luciano Foà, nei piccoli locali di Corso del Littorio 3, dove accanto alle minute dattiloscritte si ammassavano i pacchi di libri, in procinto di essere spediti alle case editrici della penisola insieme al “Bollettino delle novità” dell’ALI in tema di letteratura straniera. Di quella fitta trama di relazioni sono rimaste tracce frammentate nell’archivio dell’agenzia conservato dalla Fondazione Mondadori, tanto che per ricostruirne l’attività nel ventennio fascista occorre studiare il faldone “ante 1942” alla ricerca di documenti risalenti al decennio precedente. Si tratta inoltre di una documentazione complessa, plurilingue, di difficile decifrazione, apparentemente monotona, che proibisce di afferrare l’umanità dei corrispondenti, nascosti dietro il linguaggio serrato e asciutto dei negoziati sugli anticipi e sui diritti di traduzione. Eppure, fare di quelle carte il fulcro della ricerca (senza limitarsi a compiere meri riscontri in funzione di un altro oggetto di studio, come un autore o una casa editrice) significa riflettere su un attore editoriale inedito, ma cruciale, che pochissimo spazio ha sinora avuto negli studi di storia dell’editoria, e che pur tuttavia ha influenzato profondamente quella storia a partire dalla fine dell’Ottocento. Prendendo a prestito la terminologia di Lefevere, ci si vuole domandare in quale modo e misura l’ingresso dell’agente fra i cosiddetti “fattori di controllo” influenzò il sistema letterario italiano dell’epoca, incidendo sulla produzione e sulla diffusione della conoscenza; quali le strategie adottate per introdurre motivi di modernizzazione; quale la reazione degli altri attori del patronage, a cominciare dal regime stesso fino agli editori; e, in risposta a questi problemi, come selezionare clienti, autori, testi, per fornire un’immagine complessiva ed equilibrata della proposta culturale dell’ALI, tenendo conto della problematicità del fondo dell’agenzia e degli archivi editoriali; infine quali difficoltà e prospettive di una ricerca che conduce a muoversi oltre i confini, per indagare il network internazionale delle relazioni dei Foà.

Lettere oltre confine. L’agente letterario durante il fascismo

Anna Ferrando
2018-01-01

Abstract

Da Berlino a Parigi, da Londra a Copenaghen, da Budapest fino al di là dell’oceano Atlantico, a New York, si estendeva la rete dei corrispondenti della prima agenzia letteraria italiana, l’Agenzia Letteraria Internazionale (ALI). Le lettere degli agenti, degli editori, degli autori stranieri finivano sulla scrivania di Augusto e Luciano Foà, nei piccoli locali di Corso del Littorio 3, dove accanto alle minute dattiloscritte si ammassavano i pacchi di libri, in procinto di essere spediti alle case editrici della penisola insieme al “Bollettino delle novità” dell’ALI in tema di letteratura straniera. Di quella fitta trama di relazioni sono rimaste tracce frammentate nell’archivio dell’agenzia conservato dalla Fondazione Mondadori, tanto che per ricostruirne l’attività nel ventennio fascista occorre studiare il faldone “ante 1942” alla ricerca di documenti risalenti al decennio precedente. Si tratta inoltre di una documentazione complessa, plurilingue, di difficile decifrazione, apparentemente monotona, che proibisce di afferrare l’umanità dei corrispondenti, nascosti dietro il linguaggio serrato e asciutto dei negoziati sugli anticipi e sui diritti di traduzione. Eppure, fare di quelle carte il fulcro della ricerca (senza limitarsi a compiere meri riscontri in funzione di un altro oggetto di studio, come un autore o una casa editrice) significa riflettere su un attore editoriale inedito, ma cruciale, che pochissimo spazio ha sinora avuto negli studi di storia dell’editoria, e che pur tuttavia ha influenzato profondamente quella storia a partire dalla fine dell’Ottocento. Prendendo a prestito la terminologia di Lefevere, ci si vuole domandare in quale modo e misura l’ingresso dell’agente fra i cosiddetti “fattori di controllo” influenzò il sistema letterario italiano dell’epoca, incidendo sulla produzione e sulla diffusione della conoscenza; quali le strategie adottate per introdurre motivi di modernizzazione; quale la reazione degli altri attori del patronage, a cominciare dal regime stesso fino agli editori; e, in risposta a questi problemi, come selezionare clienti, autori, testi, per fornire un’immagine complessiva ed equilibrata della proposta culturale dell’ALI, tenendo conto della problematicità del fondo dell’agenzia e degli archivi editoriali; infine quali difficoltà e prospettive di una ricerca che conduce a muoversi oltre i confini, per indagare il network internazionale delle relazioni dei Foà.
2018
978-88-400-2019-8
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/1465170
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