L’intervento esamina i passi molto problematici in cui Aristotele, nel libro III della Politica, analizza quella particolare forma di regalità che designa come “monarchia assoluta”. Prendendo posizione nel dibattito che, su questo tema, vede come protagonisti Isocrate, Senofonte e Platone, Aristotele discute anzitutto l’auspicabilità di una simile modalità di esercizio del potere. La lettura del testo, di cui si mette in luce la complessa struttura argomentativa, mostra le difficoltà che sono connesse – nella prospettiva aristotelica – a un governo del tutto svincolato dalle leggi, quale è quello del re assoluto, sempre passibile di degenerare. L’assimilazione, che ricorre più volte in queste pagine, tra questo tipo di sovrano e il capofamiglia consente di risalire, al di là delle numerose ambiguità del discorso, alla valutazione di Aristotele: la pambasileia dà luogo a un potere del tutto personalistico e che, in quanto tale, non può, a rigore, essere definito politico. Il governo del re assoluto si può allora giustificare solo in una situazione del tutto particolare, quella che vede la presenza di un individuo eccezionale, caratterizzato da una assoluta superiorità nell’ambito della virtù, ed anzi da una vera e propria eccedenza antropologica, tale da farne «un dio tra gli uomini». Questi caratteri sovrumani non possono che introdurre una frattura difficilmente sanabile con quella dimensione della città che costituisce lo sfondo di tutta la riflessione politica aristotelica.

Il re "signore di tutto": il problema della "pambasileia" nella "Politica" di Aristotele

GASTALDI, SILVIA
2009-01-01

Abstract

L’intervento esamina i passi molto problematici in cui Aristotele, nel libro III della Politica, analizza quella particolare forma di regalità che designa come “monarchia assoluta”. Prendendo posizione nel dibattito che, su questo tema, vede come protagonisti Isocrate, Senofonte e Platone, Aristotele discute anzitutto l’auspicabilità di una simile modalità di esercizio del potere. La lettura del testo, di cui si mette in luce la complessa struttura argomentativa, mostra le difficoltà che sono connesse – nella prospettiva aristotelica – a un governo del tutto svincolato dalle leggi, quale è quello del re assoluto, sempre passibile di degenerare. L’assimilazione, che ricorre più volte in queste pagine, tra questo tipo di sovrano e il capofamiglia consente di risalire, al di là delle numerose ambiguità del discorso, alla valutazione di Aristotele: la pambasileia dà luogo a un potere del tutto personalistico e che, in quanto tale, non può, a rigore, essere definito politico. Il governo del re assoluto si può allora giustificare solo in una situazione del tutto particolare, quella che vede la presenza di un individuo eccezionale, caratterizzato da una assoluta superiorità nell’ambito della virtù, ed anzi da una vera e propria eccedenza antropologica, tale da farne «un dio tra gli uomini». Questi caratteri sovrumani non possono che introdurre una frattura difficilmente sanabile con quella dimensione della città che costituisce lo sfondo di tutta la riflessione politica aristotelica.
2009
9783896654670
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