Il colore verde definisce stabilità, forza, tenacia, costanza, perseveranza, equilibrio psicologico. Quando si è immersi in un parco o in un bosco sparisce quella sensazione di instabilità inflitta dalla quotidianità. La fisica ci insegna che in natura i nostri occhi vedono il verde di un prato, le varie gradazioni del verde delle foglie degli alberi, nelle “cose” della natura perché tutti i colori sono assorbiti, mentre il verde è respinto. Questo rifiuto, inflitto dalle leggi della fisica, in natura lo possiamo anche associare all’ambiguità simbolica associata al colore verde, che nel corso dei secoli ha rappresentato tutto ciò che era mutevole, effimero e volubile: l’infanzia, l’amore, la speranza, la fortuna, il gioco, il caso, il denaro. Solo nel Romanticismo è divenuto definitivamente il colore della natura, e in seguito quello della libertà, della salute, dell’igiene, dello sport e dell’ecologia. In Occidente rappresenta anche il capovolgimento di valori. Dopo essere stato a lungo in disparte, malvisto o respinto, oggi è associato alla sostenibilità, e alla simbiosi con la natura. Colori e sensazioni definiscono ciò che ci circonda influenzando società e personalità. Eppure, non è facile accorgersi di quanto effettivamente l’ambiente eserciti influenza sugli individui a partire da dimensioni, orientamenti e cromatismi che lo caratterizzano. Tuttavia, negli ultimi anni, tale complessa interazione tra individuo e ambiente sembra sempre più liquefarsi, soprattutto nei giovani, a causa del proliferare di non luoghi, centripeti nelle loro quotidianità. Questi spazi demarcano e mettono in evidenza le difficoltà sociali delle nuove generazioni, come il non sentirsi parte di un luogo specifico o l’affrontare lo sviluppo e la formazione con esperienze sempre meno improntate al confronto diretto e sempre più lontane da contesti definiti da colori e odori: parchi, giardini, strade e piazze. La progressiva perdita di tutto questo porta con sé anche indubbi vantaggi, dalla globalizzazione alla condivisione massimizzata attraverso sistemi digitali, ma a discapito di un contatto qualitativamente meno intenso. Non esiste più un luogo dal ruolo aggregativo preminente, soprattutto nelle grandi aree metropolitane più evolute, dove le piazze sociali sono virtuali, racchiuse in 5 pollici, nella dimensione di uno schermo dello smartphone. Una Gioventù indefinita senza colore. I luoghi più che mai devono riappropriarsi di quel valore in cui si instauravano relazioni dall’impegno politico, civico e sociale che di fatto contribuivano alla strutturazione identitaria dell’individuo in quanto luoghi di ancoraggio nelle reti sociali di riferimento. L’assenza di tali legami rende ancora più rammentata e instabile la crescita delle giovani generazioni che sempre più spesso hanno perso quel coinvolgimento cognitivo e informativo su quel che in generale accade intorno a loro. Ne sono esempi la progressiva perdita per l’interesse verso la politica, per le istituzioni e il continuo ristringimento culturale, nonostante siano alzati i livelli d’istruzione. Il contributo si conclude con una panoramica sui più attuali interventi di rigenerazione urbana attraverso il sapiente utilizzo dei colori e in particolare del “verde” volti a riqualificare aree a forte degrado sociale.
Cromatismi identitari per ridefinire luoghi della socialità
M. Ricciarini;
2020-01-01
Abstract
Il colore verde definisce stabilità, forza, tenacia, costanza, perseveranza, equilibrio psicologico. Quando si è immersi in un parco o in un bosco sparisce quella sensazione di instabilità inflitta dalla quotidianità. La fisica ci insegna che in natura i nostri occhi vedono il verde di un prato, le varie gradazioni del verde delle foglie degli alberi, nelle “cose” della natura perché tutti i colori sono assorbiti, mentre il verde è respinto. Questo rifiuto, inflitto dalle leggi della fisica, in natura lo possiamo anche associare all’ambiguità simbolica associata al colore verde, che nel corso dei secoli ha rappresentato tutto ciò che era mutevole, effimero e volubile: l’infanzia, l’amore, la speranza, la fortuna, il gioco, il caso, il denaro. Solo nel Romanticismo è divenuto definitivamente il colore della natura, e in seguito quello della libertà, della salute, dell’igiene, dello sport e dell’ecologia. In Occidente rappresenta anche il capovolgimento di valori. Dopo essere stato a lungo in disparte, malvisto o respinto, oggi è associato alla sostenibilità, e alla simbiosi con la natura. Colori e sensazioni definiscono ciò che ci circonda influenzando società e personalità. Eppure, non è facile accorgersi di quanto effettivamente l’ambiente eserciti influenza sugli individui a partire da dimensioni, orientamenti e cromatismi che lo caratterizzano. Tuttavia, negli ultimi anni, tale complessa interazione tra individuo e ambiente sembra sempre più liquefarsi, soprattutto nei giovani, a causa del proliferare di non luoghi, centripeti nelle loro quotidianità. Questi spazi demarcano e mettono in evidenza le difficoltà sociali delle nuove generazioni, come il non sentirsi parte di un luogo specifico o l’affrontare lo sviluppo e la formazione con esperienze sempre meno improntate al confronto diretto e sempre più lontane da contesti definiti da colori e odori: parchi, giardini, strade e piazze. La progressiva perdita di tutto questo porta con sé anche indubbi vantaggi, dalla globalizzazione alla condivisione massimizzata attraverso sistemi digitali, ma a discapito di un contatto qualitativamente meno intenso. Non esiste più un luogo dal ruolo aggregativo preminente, soprattutto nelle grandi aree metropolitane più evolute, dove le piazze sociali sono virtuali, racchiuse in 5 pollici, nella dimensione di uno schermo dello smartphone. Una Gioventù indefinita senza colore. I luoghi più che mai devono riappropriarsi di quel valore in cui si instauravano relazioni dall’impegno politico, civico e sociale che di fatto contribuivano alla strutturazione identitaria dell’individuo in quanto luoghi di ancoraggio nelle reti sociali di riferimento. L’assenza di tali legami rende ancora più rammentata e instabile la crescita delle giovani generazioni che sempre più spesso hanno perso quel coinvolgimento cognitivo e informativo su quel che in generale accade intorno a loro. Ne sono esempi la progressiva perdita per l’interesse verso la politica, per le istituzioni e il continuo ristringimento culturale, nonostante siano alzati i livelli d’istruzione. Il contributo si conclude con una panoramica sui più attuali interventi di rigenerazione urbana attraverso il sapiente utilizzo dei colori e in particolare del “verde” volti a riqualificare aree a forte degrado sociale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.