«Il y a plus affaire à interpreter les interpretations qu’à interpreter les choses» (Michel de Montaigne). Le forme dell’architettura e il loro significato sono oggi oggetto di una serie di profonde trasformazioni culturali in grado di mutare il rapporto operativo con le figure terrestri. Questo rapporto si spiega nella logica del frammento con cui l’architettura della terra si è data e rapportata dalle sue origini a oggi, portandoci a domandare in che modo possiamo servirci dell’architettura per immaginare nuovi modelli sostenibili per il territorio. La città di cui parlerò e una città dai mille volti, un luogo immaginario ma anche reale dove, le figure geografiche si riflettono nella costruzione dell’artificio proiettando nell’architettura della città le forme del tempo e della tradizione. In questo testo parlerò della città come di un frammento del territorio, dove quest’ultimo è osservato in qualità di macchina scientifica capace di spiegare a sua volta la città. Diventa necessario individuare quali sono i procedimenti analitici da usare per impiegare l’architettura del luogo in funzione del progetto del territorio, restituendo attraverso la lettura formale dello spazio antropico un primo significato teorico e pratico del rapporto tra natura e artificio. Se il territorio è il luogo principe dell’artificio, allo stesso tempo l’artificio è la memoria della natura del luogo. Da questo assunto diventa evidente che questa coppia di termini costruisce una forma di riflessione che induce alla dicotomia permettendoci di vedere con chiarezza dove si colloca il punto di unione e separazione tra uomo e natura. L’architettura è quella cosa che oltre ai muri, i fiumi, gli angiporti, i termini e le immagini, disvela altro nel momento in cui il progetto di architettura riparte da un punto interrotto. L’artificio si colloca in quel punto, s’innesta tra l’artefice e l’oggetto del desiderio: la natura. Possiamo dire che l’architettura è sempre la fine o l’inizio di un qualcosa che già c’era. Il testo prova a riflettere sul rapporto natura-artificio all’interno della città e del territorio.
Frammenti in avvenire. L'origine della forma dellimmagine della Collina di Cristallo di Sanremo
Pepino Thomas
2022-01-01
Abstract
«Il y a plus affaire à interpreter les interpretations qu’à interpreter les choses» (Michel de Montaigne). Le forme dell’architettura e il loro significato sono oggi oggetto di una serie di profonde trasformazioni culturali in grado di mutare il rapporto operativo con le figure terrestri. Questo rapporto si spiega nella logica del frammento con cui l’architettura della terra si è data e rapportata dalle sue origini a oggi, portandoci a domandare in che modo possiamo servirci dell’architettura per immaginare nuovi modelli sostenibili per il territorio. La città di cui parlerò e una città dai mille volti, un luogo immaginario ma anche reale dove, le figure geografiche si riflettono nella costruzione dell’artificio proiettando nell’architettura della città le forme del tempo e della tradizione. In questo testo parlerò della città come di un frammento del territorio, dove quest’ultimo è osservato in qualità di macchina scientifica capace di spiegare a sua volta la città. Diventa necessario individuare quali sono i procedimenti analitici da usare per impiegare l’architettura del luogo in funzione del progetto del territorio, restituendo attraverso la lettura formale dello spazio antropico un primo significato teorico e pratico del rapporto tra natura e artificio. Se il territorio è il luogo principe dell’artificio, allo stesso tempo l’artificio è la memoria della natura del luogo. Da questo assunto diventa evidente che questa coppia di termini costruisce una forma di riflessione che induce alla dicotomia permettendoci di vedere con chiarezza dove si colloca il punto di unione e separazione tra uomo e natura. L’architettura è quella cosa che oltre ai muri, i fiumi, gli angiporti, i termini e le immagini, disvela altro nel momento in cui il progetto di architettura riparte da un punto interrotto. L’artificio si colloca in quel punto, s’innesta tra l’artefice e l’oggetto del desiderio: la natura. Possiamo dire che l’architettura è sempre la fine o l’inizio di un qualcosa che già c’era. Il testo prova a riflettere sul rapporto natura-artificio all’interno della città e del territorio.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.