Il dialogo che intercorre tra cinema ed epistole è longevo e complesso e si manifesta prendendo numerose direzioni e forme, dalle più tradizionali a quelle più eccentriche. Le lettere sono materiale essenziale nel cinema e possono accompagnare il divenire di un film nella sua intera gestazione: dall’idea alla base, alla trama stessa, fino ad arrivare alle recensioni e alla critica dopo l’uscita di questo. Un particolare terreno di confronto è quello della guerra: da sempre legata sia alla rappresentazione cinematografica sia alla corrispondenza epistolare. All’interno del panorama italiano, nel cinema di guerra, inteso in senso ampio, vengono ereditati e riadattati gli stilemi tipici della scrittura epistolare declinati in diversi film secondo modalità differenti: La grande guerra (Monicelli, 1959), Torneranno i prati (Olmi, 2014), Buongiorno notte (Bellocchio, 2003) e Qualcosa che vive e brucia (Donfrancesco, 2021). In questa cornice, particolare importanza assume il caso di My Home, in Libya (Melilli, 2018), un documentario a metà tra tradizione e innovazione, che utilizza forme di epistolarità moderna in maniera strutturale per dare voce a corrispondenze difficili.

Lo stile epistolare nel medium cinematografico. Un caso emblematico: My Home, In Libya (Melilli, 2018)

Susanna Bandi
2024-01-01

Abstract

Il dialogo che intercorre tra cinema ed epistole è longevo e complesso e si manifesta prendendo numerose direzioni e forme, dalle più tradizionali a quelle più eccentriche. Le lettere sono materiale essenziale nel cinema e possono accompagnare il divenire di un film nella sua intera gestazione: dall’idea alla base, alla trama stessa, fino ad arrivare alle recensioni e alla critica dopo l’uscita di questo. Un particolare terreno di confronto è quello della guerra: da sempre legata sia alla rappresentazione cinematografica sia alla corrispondenza epistolare. All’interno del panorama italiano, nel cinema di guerra, inteso in senso ampio, vengono ereditati e riadattati gli stilemi tipici della scrittura epistolare declinati in diversi film secondo modalità differenti: La grande guerra (Monicelli, 1959), Torneranno i prati (Olmi, 2014), Buongiorno notte (Bellocchio, 2003) e Qualcosa che vive e brucia (Donfrancesco, 2021). In questa cornice, particolare importanza assume il caso di My Home, in Libya (Melilli, 2018), un documentario a metà tra tradizione e innovazione, che utilizza forme di epistolarità moderna in maniera strutturale per dare voce a corrispondenze difficili.
2024
978-88-3613-479-3
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/1528299
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