La “Convention for the safeguarding of the intangible Cultural Heritage” ha definito il patrimonio culturale immateriale come l’insieme de “le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how – come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale” (http://www.unesco.org/culture/ich/). Quando si parla di conservazione e valorizzazione, ci si riferisce in primo luogo all’aspetto materiale di un bene culturale, ma esso non può essere scisso dalla sua funzione e, dunque, dal suo significato. Pertanto, la dimensione immateriale di un bene materiale identifica un bene culturale a 360°. Il patrimonio culturale, inteso come l’insieme di beni materiali e immateriali, è il risultato dell’evoluzione storica e culturale di una comunità in un determinato territorio. Proprio il territorio dunque può essere considerato come il comune denominatore, l’elemento aggregante di tutti questi aspetti. Per valorizzare un manufatto nel suo duplice aspetto, materiale e immateriale, le indagini scientifiche rappresentano uno degli strumenti più adatti per definire l’aspetto materiale di un bene culturale e per decifrarne la dimensione immateriale, che è poi quella che determina l’autenticità del bene. Attraverso le indagini scientifiche condotte su manufatti antichi è possibile ricostruire le catene operative di antiche produzioni e la valorizzazione di un bene passa proprio attraverso la ricostruzione delle conoscenze legate alla cultura materiale, cioè della storia del “saper fare” acquisito nel tempo da chi fabbricò un dato manufatto. I due casi di studio che sono di seguito presentati sono un esempio di come un manufatto racchiuda in sé non solo la storia di un antico saper fare, ma anche quel legame che esiste tra l’uomo e il territorio, attraverso l’uso delle materie prime naturali. Le implicazioni storico-economiche che si possono estrapolare attraverso lo studio materico di un manufatto, inoltre, costituiscono un valore aggiunto alla dimensione intangibile del bene, che contribuisce alla produzione di conoscenza necessaria alla valorizzazione del bene medesimo. Il primo caso di studio riguarda la ricostruzione del mercato delle rocce ornamentali tra le cave storiche e i cantieri dei principali edifici storici pavesi e testimonia un uso della materia prima “tal quale”. Il secondo caso è quello della produzione di maiolica pavese tra fine Seicento e inizio Settecento e testimonia invece la produzione di manufatti attraverso la trasformazione, usando la tecnologia del fuoco, delle materie prime offerte dal territorio o acquistate dagli artigiani.

Percorsi di cultura materiale: la pietra dell’Oltrepò pavese e i manufatti artistici della città di Pavia.

BASSO, ELENA;MESSIGA, BRUNO;RICCARDI, MARIA PIA
2010-01-01

Abstract

La “Convention for the safeguarding of the intangible Cultural Heritage” ha definito il patrimonio culturale immateriale come l’insieme de “le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how – come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale” (http://www.unesco.org/culture/ich/). Quando si parla di conservazione e valorizzazione, ci si riferisce in primo luogo all’aspetto materiale di un bene culturale, ma esso non può essere scisso dalla sua funzione e, dunque, dal suo significato. Pertanto, la dimensione immateriale di un bene materiale identifica un bene culturale a 360°. Il patrimonio culturale, inteso come l’insieme di beni materiali e immateriali, è il risultato dell’evoluzione storica e culturale di una comunità in un determinato territorio. Proprio il territorio dunque può essere considerato come il comune denominatore, l’elemento aggregante di tutti questi aspetti. Per valorizzare un manufatto nel suo duplice aspetto, materiale e immateriale, le indagini scientifiche rappresentano uno degli strumenti più adatti per definire l’aspetto materiale di un bene culturale e per decifrarne la dimensione immateriale, che è poi quella che determina l’autenticità del bene. Attraverso le indagini scientifiche condotte su manufatti antichi è possibile ricostruire le catene operative di antiche produzioni e la valorizzazione di un bene passa proprio attraverso la ricostruzione delle conoscenze legate alla cultura materiale, cioè della storia del “saper fare” acquisito nel tempo da chi fabbricò un dato manufatto. I due casi di studio che sono di seguito presentati sono un esempio di come un manufatto racchiuda in sé non solo la storia di un antico saper fare, ma anche quel legame che esiste tra l’uomo e il territorio, attraverso l’uso delle materie prime naturali. Le implicazioni storico-economiche che si possono estrapolare attraverso lo studio materico di un manufatto, inoltre, costituiscono un valore aggiunto alla dimensione intangibile del bene, che contribuisce alla produzione di conoscenza necessaria alla valorizzazione del bene medesimo. Il primo caso di studio riguarda la ricostruzione del mercato delle rocce ornamentali tra le cave storiche e i cantieri dei principali edifici storici pavesi e testimonia un uso della materia prima “tal quale”. Il secondo caso è quello della produzione di maiolica pavese tra fine Seicento e inizio Settecento e testimonia invece la produzione di manufatti attraverso la trasformazione, usando la tecnologia del fuoco, delle materie prime offerte dal territorio o acquistate dagli artigiani.
2010
9788896764039
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/224746
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